a cura di Dionisio Morlacco
Quando l’uomo cominciò a domandarsi dell’origine del genere umano, cercò la risposta usando i mezzi a sua disposizione, cioè la mitologia e la fantasia, unici strumenti di cui disponeva, usati anche da quanti si volsero a indagare sull’origine dei primi popoli d’Italia, sui quali, ricorrendo, appunto, alla mitologia greca (Omero) e agli antichi scrittori, si favellò che l’Italia era abitata da uomini generati dalla terra. Al pari di Omero, Lucrezio, Diodoro Siculo, Orazio, Giovenale, ecc., anche Vitruvio disse che gli uomini nascevano nelle selve e nelle grotte e si nutrivano di cibi selvatici. E Sallustio affermò che, incolti e selvaggi, essi vivevano senza leggi, né governi, ma liberi e indipendenti. Cicerone scrisse che vagavano per le selve come bruti, e Plinio aggiunse che si nutrivano dello stesso cibo, ovvero di ghiande e frutti naturali.
Secondo il credo religioso, invece, il genere umano fu creato da Dio e discese da Adamo ed Eva, e, dopo il diluvio universale, dai tre figli di Noè (Sem, Cam e Jafet) e dai loro discendenti, i quali, diffondendosi con le emigrazioni, giunsero anche in Italia.
I primi abitatori della nostra penisola erano indoeuropei; essi giunsero verso la metà del II millennio a. C. Introdussero la tecnica del bronzo e si espressero nella civiltà delle terremare.1 Una seconda ondata di indoeuropei avvenne intorno al 1000 a. C. e fu caratterizzata da manufatti di ferro e dalla civiltà villanoviana: cosiddetta da un insediamento scoperto a Villanova, presso Bologna.
Questi primi abitatori furono detti aborigeni, ossia “indigeni”, o “erranti” secondo Festo, abitavano sulle montagne – donde l’altro significato di aborigeni, cioè “montanari” -, e furono chiamati Raseni, e Tirseni o Tirreni dai Greci, donde derivò, forse, il nome il mar Tirreno. Stando a Platone, essi erano coevi degli Egizi e degli Atlantidi, anteriori quindi ad ogni storia.
Due ipotesi si fecero intorno alla loro venuta:
1. provenivano dall’India, dalla Persia e dalla Scizia ed erano di stirpe giapetica; giunti in Europa, scesero anche in Italia. E ciò avvenne alquanto tempo dopo il diluvio. Calando da nord a sud giunsero anche in Puglia, che, perciò, fu popolata più tardi rispetto alle regioni settentrionali, anche perché essa era ancora in parte sommersa dal mare. Furono questi i nostri aborigeni, chiamati Tirreni, ma non perché provenienti da Tiro, secondo d’Amely. In Italia si distinsero in Taurisci nella zona subalpina, Tusci nell’Italia centrale e Osci nel mezzogiorno. Si disputarono il primato, ma non si può dire chi giunse per primo. Colasanto afferma, invece, che provenivano dalla Lidia (Tirra), difatti Erodoto chiama Lidii i Tirreni;
2. altri dicono che gli aborigeni vennero per mare 17 generazioni prima dell’eccidio di Troia e si chiamarono Pelasgi o Phalesgi, cioè uomini dispersi, raminghi. Il loro nome deriverebbe dalla voce orientale paleg, che significa mare, acqua. Di stirpe semitica, essi provenivano dall’Egitto, dalla Palestina e dalla Fenicia. Passarono prima in Grecia e poi, espulsi di là, vennero in Italia.
Qualcuno sostiene che costoro trovarono in Puglia uomini rudi e selvaggi, erranti per luoghi incolti e boscosi, cui portarono religione, arti e civiltà. Se così fosse, allora ai primi venuti per terra (Tirreni) si aggiunsero altri venuti per mare (Pelasgi), come scrive appunto Colasanto. Salvo poi a voler ipotizzare che i due movimenti da nord (per terra) e da sud (per mare) fossero quasi coevi.
Questi uomini dalla pastorizia pervennero poi alla pratica agricola, che si ritrova presso tutti i popoli dell’Italia centrale (Umbri, Equi, Volsci, Piceni, Sanniti, Frentani, Dauni, Peligni, Ernici, Marsi), donde l’altra ipotesi: che il termine tirreno possa derivare da tiremh (coltivatore). I successivi contatti e scambi con gli altri popoli del Mediterraneo accrebbe il loro incivilimento, come documentano ovunque numerosi e vari reperti.
Tra i diversi popoli italici furono gli Etruschi – che, con i Liguri e i Sardi, sembra non appartenessero al ceppo indoeuropeo – i più progrediti, per la loro superiorità tecnologica: eccellevano, infatti, nella lavorazione dei metalli, nelle opere di bonifica, nella creazione delle città e nell’intensa religiosità. Erano anche bravi agricoltori (grano, olio, vino, frutta) ed esperti artigiani, ché conoscevano l’arte della ceramica (bucchero) e la costruzione dell’arco (Arco di Volterra). Nel VI a. C. si spinsero a nord (Lombardia) e a sud (Campania); ma poi, per diverse cause, lentamente scomparvero.