Lucera, 02 Maggio 2024

† san francesco d'assisi pastore e martire

Conferenza sul Conservatorio della Maddalena

Tra i progetti della nostra sezione di Storia Patria per la Puglia vi è quello che fa riferimento alla “Foggia scomparsa”. Alcuni tra i nostri soci hanno individuato in alcuni edifici presenti in città, abbattuti dai bombardamenti e non solo, e nelle istituzioni che li occupavano lo stimolo per farli rinascere a nuova vita e portarli a conoscenza della popolazione. Su iniziativa di Raffele Letterio abbiamo già conosciuto le vicende dell’Orfanotrofio Maria Cristina di Savoia, demolito dal fascismo per far posto al Palazzo degli Uffici Statali. Il giorno 27 aprile alle ore 17.00 presso la sala John Marino dell’Archivio di Stato di Foggia Mario Melino ci accompagnerà nelle vicende di un altro istituto inserito nella Beneficenza borbonica, del quale resta come ricordo solo il toponimo in un parcheggio tra via Altamura e via della Repubblica: il Conservatorio della Maddalena.

Ma cosa erano i “Conservatori”? Nati nel Mezzogiorno già a partire dal XVI secolo, specie a Napoli, avevano lo scopo di internare donne che, secondo la morale corrente, dovevano essere reinserite nel tessuto sociale dopo un intervento moralizzante e redentivo. Molti furono quelli istituiti a Napoli, ma anche in Puglia li troviamo diffusi specie nelle principali città. A Bari, ad esempio, nell’Albergo delle Pentite dove, al momento di entrare, la donna doveva seguire un preciso rituale: dopo aver bussato tre volte senza risposta alla domanda “Che vai trovando?” avrebbe dovuto rispondere “Vado trovando il figlio di Maria SS.ma”. Una volta all’interno di questi istituti le “recluse”, poiché in definitiva queste diventavano, dovevano seguire precise regole e discipline: taglio dei capelli, uso di una veste idonea, proibizione al contatto con persone estranee e colloqui con i parenti autorizzati solo dalla superiora. Questo almeno in apparenza. La documentazione archivistica ci permette però di ascoltare le voci di quelle donne senza storia, di comprendere i motivi che le avevano indotte a superare la soglia tra la vita e l’inferno, restituendo la memoria di eventi, anche drammatici, e di vite ai margini della società. La reclusione di quelle donne, “pericolate, pericolanti, orfane, malmaritate, vedove, zitelle, ribelli …. e donne senza futuro”, in definitiva sembrava rappresentare l’unico strumento idoneo per arginare il pericolo di diffondere il male e incendiare le anime.

 

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