Lucera, 02 Maggio 2024

Eccellenze lucerine a cura di Dionisio Morlacco – Profili biografici: Giuseppe FIOrELLI

Giuseppe FIOrELLI

Archeologo di grande fama, Giuseppe Fiorelli nacque a Napoli l’8 giu­gno 1823 dai lucerini Gaetano e Teresa Giannettini.1 Anch’egli, come altri concittadini di adozione (ruggero Bonghi, rosa d’Amelj, Francesco Paolo Curato, ecc.), ebbe un profondo legame con la città degli avi. Avviato agli studi giuridici dal padre – ufficiale destituito dopo i moti risorgimentali del 1821 – nel 1841 conseguì la laurea in legge, ma sin da giovane intraprese anche gli studi di numismatica – nella sua collezione di monete annoverava 45 esemplari dell’antica Luceria – e di antichità, mostrando notevole interesse per l’archeologia, condividendo la sua passione con il collezionista e mercante di monete don Benigno Tuzii. Già nel 1841 cominciò a pubblicare le sue ricerche e scoperte scientifiche sul “Bollettino di corrispondenza archeologica” di roma. A venti anni (1843) pubblicò le Osservazioni sopra talune monete rare di città greche, cui seguirono (1845) le Monete inedite dellItalia antica e poi gli Annali di numismatica (1846-1851). “Tali lavori gli fecero conseguire nell’Amministrazione degli scavi un posto, per ragione del quale andò ad abitare tra le ruine di Pompei, dove, solitario studioso, restò fino alla reazione del ’48. Allora partì dalla stessa Pompei una accusa, per cui venne con imputazione politica rinchiuso nelle carceri di S. Maria Apparente”,2 ove rimase per nove mesi fino al 1850. Dal carcere continuò a seguire le vicende degli scavi, “avendo ottenuto che gli si comunicasse a parte a parte la serie degli atti officiali di quegli scavi”, che “trascrisse tutta intera per suo uso”: nacque così la storia degli scavi di Pompei ovvero la Pompeianarum antiquitatum historia, che pubblicò solo dopo nel 1864.

Benchè i giudici lo prosciogliessero “dall’imputazione, che era affatto insussistente, il posto che aveva negli scavi, allo stesso modo che se fosse stato colpevole, gli fu tolto a 17 giugno 1850: certamente lo si volle punire per le sue opinioni liberali”, dietro denuncia di Carlo Bonucci e di altri deputati dell’Accademia Ercolanense, che lo avevano additato come un settario inteso ad offendere la dignità del governo. In verità le sue disavventure originavano sì dalle sue idee antiborboniche, ma anche dalle divergenze con Francesco Maria Avellino, Direttore del Museo Borbonico, per i rapporti epistolari che egli (Fiorelli) intratteneva con Heinrich von Brunn e con Johann Heinrich Wilhelm Henzen dell’inviso Istituto Archeologico Germanico. Ma le critiche e le maldicenze dei detrattori e dei suoi stessi collaboratori lo accompagneranno per tutto il periodo della sua attività: nel 1873, ad esempio, dovette lasciare l’insegnamento universitario in seguito alle polemiche suscitate dal cumulo di cariche che esercitava.  

Uscito dal carcere, visse pove­ramente, impegnato come contabile in un’impresa di costruzioni, finchè non fu raccomandato dall’architetto Fausto Niccolini al Conte di Siracusa, Leopoldo di Borbone, mecenate e liberaleggiante fratello del re Ferdinando II, che gli affidò (1853) l’incarico di dirigere gli scavi di Cuma e di Pesto.

Di alcuni vasi rinvenuti nelle tombe cumane il Fiorelli trattò nella Notizia dei vasi dipinti rinvenuti a Cuma nel 1856 (Napoli 1857).Qualche anno dopo pubblicò Monumenta epigraphica Pompeiana:Inscriptionum Oscarum apographa;del 1875 è la Descrizione di Pompei e del 1887 la Guida di Pompei.

Divenuto segretario intimo del Conte – al quale si legò di profonda amicizia per la vita -, insieme alle idee libera­li, “arrivò ad ispirargli sensi di italianità”, tanto che Leopoldo, fattosi “così tenero dell’unità d’Italia”, fraternizzava coi liberali, ed insieme – Fiorelli e Leopoldo – iniziarono la pubblicazione della rivista Giambattista Vico; “vi collaboravano uomini e giovani chiarissimi nel mondo scientifico e letterario: Carlo Troja, i cassinesi Tosti e De Vera, Salvatore De renzi, Carlo de Cesare, Guglielmo Guiscardi, Gaetano Trevisani, remigio Del Grosso, Costantino Baer, Federigo Quercia, Camillo Minieri-riccio, Filippo Volpicella ed altri”.3 Esiliato insieme ad altri all’inizio del 1860, nell’ottobre dello stesso anno fu nominato professore di Archeologiaall’Università di Napo­li (1860-1863) e nel dicembre successivo Ispettore degli Scavi, nel quale incarico svolse la sua maggiore attività, nella quale abbandonando – sin dal 1858 – l’indirizzo seguito dai precedessori, che era rivolto solo alla ricerca degli oggetti preziosi, applicò un sistema di scavo rigorosamente scientifico: dividendo tutti gli scavi in regiones (quartieri) e insulae (isolati), pensò di far numerare ogni ingresso degli edifici al fine di poter localizzare con precisione ogni reperto, e tale suo impegno si nobilitò con l’istituzione a Pompei di una Scuola di Archeologia che divenne la prima Scuola Italiana di Archeologia. Nel 1863, divenuto Direttore del Museo Nazionale di Na­poli e Sovrintendentedegli Scavi, fondò il Museo della Certosa di S. Martino.

Sua fu anche l’intuizione di ottenere dei calchi delle vittime dell’eruzione del Vesuvio “colando gesso liquido nel vuoto lasciato dai loro corpi nella cenere, calchi che sono tuttora visibili negli scavi di Pompei”. Con la sua tecnica innovativa contribuì a creare l’archeologia come scienza, promuovendo una politica di apertura verso gli studiosi stranieri, in contrapposizione all’ottusa chiusura borbonica, consolidando i legami e la collaborazione con lo storico Mommsen4 – cui inviava “rotoli di carta” con iscrizioni e notizie storiche per il Corpus Inscriptionum Latinarum– e stimolando l’interesse per le testimonianze storiche di Lucera, “sua patria originaria”, per il cui prestigio, nelle lettere che inviava ai suoi conoscenti, li esortava ad accogliere con riguardo ed accompagnare i viaggiatori che vi si recavano per visitare i suoi monumenti.

Tra il 1861 e il 1879 fece realizzare un plastico in sughero dell’antica città di Pompei, tuttora conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Tra il 1863 e il 1875 si dedicò alla riorganizzazione del Museo Nazionale di Napoli con tutto il patrimonio archeologico acquisito in precedenza; fece realizzare un nuovo inventario generale degli oggetti, dividendolo per categorie e classi di materiali, ancora in uso presso la Soprintendenza Speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei.

Già socio della reale Accademia Ercolanense, ne fu segre­tario per ben 24 anni. “Chiamato dal suffragio popolare nei consigli amministrativi, seppe da questi trarre vantaggi e benefi­ci per gli Istituti a lui affidati”. Nel 1865 “col real Decreto del dì 8 ottobre ebbe il più eminente attestato di stima venendo ascritto al Senato del regno nella categoria ventesima, per meriti insigni”.

Nel 1872, allorchè in uno scavo a Lucera, a Porta S. Severo, fu rinvenuta la statua in marmo della Venere marina con un piede e un braccio rotti, il Fiorelli ne fu informato e si assunse di buon grado l’incarico di dirigere personalmente il completo restauro della bella statua. Nel 1874 venne a Lucera come accompagnatore del Ministro della P. I. ruggero Bonghi, che poi lo chiamò a roma (1875) per metterlo a capo della Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti. L’anno dopo fondò la rivista scientifica di Archeologia. Notizie degli Scavi.

A roma restò per parecchi anni ed operò, tra l’altro, per la rinascita del Foro romano e del Palatino, per l’isolamento del Pantheon, nonchè per l’ordinamento dei servizi artistici ed archeologici.5 A ricordo di questa sua permanenza e della sua pre­ziosa attività “in suo onore gli fu dedicato un busto, opera del Solari, nel Museo di antichità, fondato da Giovanni Barracco, che gli fu compagno in comuni ideali di cultura e di patriottismo”.6

Nel 1891, “perduta quasi la vista e tormentato da un’infermità indomabile, lasciò roma e gli uffici pubblici, per tornarsene a Napoli, a vivere gli ultimi anni interamente per la sua famiglia. Qui, dopo aver ottenuto quasi tutti gli onori che i Governi e le Accademie concedono ai più illustri” – Cavaliere dell’Ordine Civile di Savoia, Grand’Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia, Commendatore dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, Cavaliere di IV Classe dell’Ordine dell’Aquila rossa (Germania) -, si spense, quasi dimenticato, il 29 gennaio del 1896.

Lucera, di cui il Fiorelli aveva sempre serbato grato ricordo, memore dei suoi alti meriti, volle intitolargli (21.4.1935) il Museo Civico, alla cui realizzazione il Fiorelli aveva in qualche modo e in anticipo contribuito, con la raccolta e la perita sistemazione del materialearcheolo­gico, man mano accumulatonegli scavi pubblici e privati, nella precedente sede del Museo, istituito nel 1905 nei terranei del Pa­lazzo Mozzagrugno, poi sede dei VV. UU.7 riconoscente della dedica il nipote di Fiorelli, ing. Adolfo Avena, volle donare al Museo lucerino una maschera, un busto e una fotografia del monumento allo zio eretto in Pompei.

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1. La famiglia si era trasferita a Napoli per ragioni di affari.

2. In memoria di Giuseppe Fiorelli, discorsiediti a Napoli nel 1896, a cura della regia Accademia di Architettura, Lettere e Belle Arti.

3. rAFFAELE DE CESArE, La fine di un regno, Città di Castello 1895, p. 38.

4. Mommsen venne due volte a Lucera: nel 1845, quando, accompagnato dal prof. Giulio De Petra e da alcuni lucerini, tra cui Girolamo Prignano, visitò il piccolo, prezioso museo dello storico e archeologo can. Filippo Antonio Lombardi, ricco soprattutto di iscrizioni latine, e nel 1873, quando credette di poter osservare l’iscrizione arcaica della lex de luco sacro.

5. Albo d’onore di Lucera, di GIrOLAMO PrIGNANO, dattiloscritto della Biblioteca Comunale. Su Giuseppe Fiorelli si veda il profilo scritto da MArIO PrIGNANO, Per antico amore. Scritti di passione municipale e civile, Foggia 2014.                 

6. “I suoi amici ed ammiratori nel 1875 gli dedicarono un busto marmoreonel Medagliere del Museo di Napoli; i colleghi dell’Accademia dei Lincei gli fecero coniare una medaglia d’oro quando si ritrasse a vita privata; ed il 1895 nel Foro di Pompei gli fu eretto un bronzo”. Un busto del Fiorelli si trova anche nel Museo lucerino.

7. Oltre alle molte epigrafi di pietra, il Museo Civico Fiorelli di Lucera annovera tra i suoi reperti preziosi una ricca collezio­ne di terrecotte che rimontano al III sec. a. C., teste di divini­tà, busti di antichi personaggi illustri dell’età augustea, mo­nili d’oro, monete di varie epoche e una Bolla di papa Innocenzo IV.

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