Lucera, 03 Maggio 2024

Eccellenze lucerine a cura di Dionisio Morlacco – Profili biografici: Giuseppe CAVALLI

Giuseppe CAVALLI  (Sindaco)

        Nacque a Lucera il 19 marzo 1850 da Gaetano, farmacista, e da Enrichetta Caso. Compì gli studi superiori nel glorioso liceo “Carlantonio Broggia” della sua città, poi si trasferì a Napoli per quelli universitari in Medicina e chirurgia, laureandosi il 4 dicembre 1877. Tornato a Lucera cominciò ad esercitare la sua professione con grande passione, distinguendosi per l’incondizionata dedizione e per la liberalità dell’animo – curava gratuitamente i poveri e gli amici -, sicchè divenne presto noto a tutti come “don Peppino Cavalli”. Nello stesso mese di dicembre 1877 sposò Maria Concetta Figliola, sorella del proprietario terriero Francescantonio, al quale Cavalli si legò con affetto fraterno così grande e così stretto, da rendere comune con lui anche il suo patrimonio. Ad accrescere la sua popolarità, insieme con le sue spiccatissime doti e la sua perizia, contribuì la particolare attenzione con cui seguiva la vita politica e amministrativa della città, della cui nobilissima tradizione era amantissimo paladino. Ispirato da una concezione riformistica della società e da ideali democratici si avvicinò al partito progressista della figura carismatica di raffaele Petrilli, di cui divenne, nell’assise comunale, prima collaboratore, come consigliere ed assessore, e poi successore nella carica di sindaco (dal 1886 al 1893, dal 1895 al 1896, dal 1897 al 1902), sostenuto sempre dalla maggioranza o dall’unanimità del consesso, fino a quando per motivi di salute si dimise – “ragioni d’indole affatto privata m’impongono di rassegnare le mie dimissioni dall’ufficio di Sindaco che io tenni per oltre tre lustri” -, e tuttavia non si appartò del tutto a vita privata, ma continuò ad offrire la sua esperienza come assessore comunale e come membro sia del Consiglio provinciale che della Giunta provinciale del Catasto, ai quali incarichi aggiunse la presidenza della Congregazione di Carità e dell’Asilo d’Infanzia e la partecipazione al Consiglio di amministrazione del Convitto; fu anche consigliere di amministrazione della Banca Popolare Agricola di Lucera (1888-1890).  

       I tempi, intanto, stavano cambiando ed anche il comportamento degli uomini non rispondeva più alle comuni aspettative: la loro fermezza morale e la loro coerenza nei principi si rivelavano sempre più incerte e mutabili, tanto che sempre più spesso si assisteva all’inopinato passaggio da “sinistra a destra con una facilità acrobatica” anche di uomini comunemente ritenuti irreprensibili per la loro dirittura, e il tutto perchè il clima politico era diventato più torbido per gli accesi contrasti tra i socialisti e i clericali, onde si avvertiva in città l’assenza carismatica di un uomo autorevole come Giuseppe Cavalli. In questa confusa situazione il consiglio comunale (1910) fece il ten tativo di farlo ritornare alla guida dell’amministrazione, ma egli, consapevole di non poter più trovare al suo fianco cirenei combattivi e di senno, declinò l’invito. 

       In tutta la sua attività pubblica, che svolse con energia e patriottismo e nella quale seppe for-marsi un lungo seguito di devoti e di ammiratori, pose generosamene la propria esistenza e le personali sostanze al servizio esclusivo della città, conseguendo non pochi risultati positivi, ri-guardo innanzitutto al miglioramento sanitario contro il pericolo del colera (1886), ai servizi pubblici e al cimitero, alle feste bonghiane per l’inaugurazione del monumento a Bonghi (1899), alla realizzazione dell’impianto elettrico cittadino, alla fase conclusiva della ferrovia Foggia-Lucera, alla realizzazione del progetto, già di Petrilli, di una Scuola di Zootecnia e Caseificio a Lucera, che non si concretizzò, però, per l’impossibilità del Comune di sostenerne il notevole costo di oltre 200 mila lire – secondo il progetto del Genio Civile -, al Corpo di musica cittadino, all’adesione per la realizzazione dell’Acquedotto del Sele, alla riforma delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, all’eliminazione dell’accattonaggio con l’inaugurazione dell’Ospizio S. Giuseppe (1900) e l’abolizione dell’infelice ruota dei proietti o “trovatelli”, ossia dei bambini abbandonati alla nascita, e ancora all’acquisizione del Castello dall’autorità militare, alla realizzazione del nuovo macello, alla sistemazione di piazza S. Giacono a seguito della costruzione dell’ omonima nuova chiesa, allo spostamento delle inquinanti fornaci a paglia da Porta S. Antonio Abate, al restauro del Teatro Garibaldi, alla costruzione del nuovo carcere a S. Francesco, opere tutte di grande rilevanza per il progresso della città, che se apparve stimolato da un maggiore dinamismo dello sviluppo economico, fu certamente favorito da una più oculata e tollerabile politica tributaria comunale. Eppure, ad onta del suo altruismo filantropico, qualcuno – che da lui era già stato più volte soccorso e gratificato – osò attentare ingiustamente alla sua persona: nel 1891 “un anziano e pregiudicato mendicante” lo aggredì e ferì, per fortuna non gravemente, ma quell’ incidente servì a dimostrare in quale alta considerazione il sindaco Cavalli fosse tenuto dalla popolazione, che trepidò per la sua salute e si espresse con numerosi commossi attestati di affetto e di solidarietà. L’anno dopo, in occasione delle elezioni politiche, nell’aspra lotta tra ruggero Bonghi e Antonio Salandra, si schierò a favore di Bonghi, riconoscente del suo impegno nella difesa del Tribunale, ma alla morte di Bonghi passò nell’alveo salandrino e del deputato troiano divenne “sostenitore fidato, ascoltatissimo consigliere e amico devoto, in una parola ‘il grande elettore'”.1

      Nel febbraio del 1897, a diciotto anni dalla morte – di parto – della moglie Maria Concetta Fi-gliola, contrasse un secondo matrimonio, sposando Cesira Laurenti, già suora Amalia, che egli aveva conosciuta nell’Orfanotrofio di S. Carlo (al Carmine), dove il buon don Peppino prestava la sua opera di medico dei poveri; dalla loro frequentazione e reciproca simpatia nacque un più pro-fondo sentimento, che portò alla loro unione, celebrata nel santuario di Pompei.

      Per le sue molte benemerenze meritò diverse onorificenze: il Cavalierato e la Commenda (1900) e poi, su proposta di Salandra, la Croce di Grande Ufficiale della Corona d’Italia (1914).

      Nel 1925, dopo la grave perdita dell’amata Cesira, volle eleggere per testamento suo erede uni versale l’amatissimo cognato Francesco Antonio Figliola; con lo stesso atto donò al Comune il suo palazzo e un fondo in contrada Piana Comune, perchè fosse promossa e curata l’Istituzione d’ una Scuola Agraria, per rifarsi della delusione procuratagli dalla mancata istituzione della Scuola di Zootecnia e Caseificio, ma lasciò ancora al Comune altri immobili, perchè fosse dotato il Museo Civico, istituito per volontà del compianto fratello Eduardo – insieme con Girolamo Prignano, Gaetano Ottaviano ed altri -, “dovendosi le rendite adibire nell’acquisto di oggetti antichi di pregio, ovvero in scavi al Castello Angioino e in altri posti opportuni della Città”.2 Sempre in quegli anni (8.3.1928) dovette soffrire l’amarezza del dissesto dell’industria laterizia (Said), del cui Consiglio di amministrazione era il presidente, che insieme con altri concittadini – Santollino, Sorda ed altri – aveva fondato e di cui era socio. Posta in fallimento la Società tutti i suoi beni immobili – e quelli degli altri amministratori – furono ipotecati a favore della Banca d’Italia e del Banco di Napoli, in conseguenza di ciò le sue disposizioni testamentarie a beneficio del Comune perdevano efficacia. E, forse, fu anche per il colpo subito da questo disastro che le sue condizioni di salute peggiorarono tanto che il 22 ottobre 1928 Giuseppe Cavalli si spense. Per adempiere e “tradurre compiutamente in atto il vivo desiderio del proprio padre adottivo” fu la nipote di Cesira, Pia Appolloni, già adottata (1929) da Francesco Antonio Figliola e dichiarata sua erede universale, che con ogni sforzo finanziario si impegnò a risolvere la difficile vicenda giudiziaria e a realizzare la volontà e l’atto filantropico di Giuseppe Cavalli che nel palazzo De Nicastri fosse installato il Museo Civico, per la cui istituzione (1905), insieme col fratello Daniele, aveva già donato antichi oggetti, raccolti e custoditi dall’altro defunto fratello Eduardo, in adempimento del desiderio di quest’ultimo. Ora da tutto ciò emerge chiaramente la grande umanità, la profonda generosità e schiettezza d’animo, la forte passione civica di Giuseppe Cavalli, per le quali doti, accrescendo la schiera dei benefattori, fu molto compianto alla morte da tutta la città, per il retaggio di affeti che lasciava e per la riconoscenza delle opere compiute in vantaggio dei concittadini.

__________ 

1. Paolo Emilio Trastulli, Un cittadino benemerito Giuseppe Cavalli Sindaco di Lucera (1889-1902), Appolloni Editori, roma 2012.

2. Ibidem.

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