Lucera, 07 Maggio 2024

Eccellenze lucerine a cura di Dionisio Morlacco ‘ Profili biografici: Michele CARRESCIA

Nacque a Lucera il 1 settembre 1857 dall’avv. Serafino e da Concetta Macro. Dopo gli studi superiori compiuti nel liceo “Carlo Antonio Broggia” della città natia, passò a Napoli per quelli universitari, laureandosi prima in Matematica nel 1878 e poi in Ingegneria e Architettura nel 1883, con una tesi sul “Progresso architettonico” tanto accurata e apprezzata da essere pubblicata negli Annali della Scuola di Applicazione di Napoli. Rientrato a Lucera, “fu ben presto ammirato quale insigne artista, e fu ben presto incaricato da Amministrazioni e da privati in affari di diverse specie”,1 ed egli, con schietta e non ostentata liberalità, mise a disposizione il suo ingegno e le sue capacità professionali per favorire, innanzitutto, il miglioramento urbanistico della città, ideando progetti di pubbliche opere e dirigendone l’esecuzione, perché “solo come Architetto e Ingegnere poteva promuovere la costruzione di pubblici edifici”, ciò che fece con notevoli vari interventi, tra i quali la realizzazione del Tiro a Segno “con la splendida casa di custodia dagli agili architravi di pietra locale”;2 del tratto stradale di collegamento del centro abitato (Porta Troia) con la stazione ferroviaria di campagna, percorso, in verità, piuttosto gravoso, perché in evidente sensibile ascesa,3 ma che divenne in seguito uno splendido viale illuminato, fiancheggiato dai rinomati orti lucerini; a queste due importanti opere se ne aggiunsero ben altre: la razionale e più decente sistemazione con marciapiedi della via S. Domenico; la ricostruzione della facciata della chiesa di S. Leonardo e dell’adiacente Orfanotrofio Pellegrino; la costruzione della Cappella di S. Maria delle Grazie al Cimitero e, ancora, la totale ristrutturazione del palazzo paterno (in via Tenente Michele Schiavone), per la quale opera usò tutta la sua perizia tecnica nel rinnovamento delle vecchie strutture – che sul lato posteriore aderiscono tuttora all’antico seicentesco palazzo Strangia-De Rosa (in via Zunica) -, nel cui cospicuo rifacimento oltre a dotare la costruzione di un bugnato di base, che conferisce forza e suggestione, “ampliò il portone di accesso con una scala ben disegnata e con un androne frescato alla maniera pompeiana, i cui disegni sbiaditi danno ancora idea del vetusto splendore” e gli conferì “un prospetto di stile neoclassico, vivacizzato da accenni decorativi”, infatti “i balconi e le finestre sono scompartiti da mattoni lavorati a mano con tecnica della sbuffatura, con un architrave abbellito da festoni e da cartigli con l’iniziale del costruttore. Resta questa facciata tra le più belle prodotte a Lucera alla fine del secolo scorso ed è specchio nella sua originalità del gusto della borghesia intellettuale locale”.4 In tutte queste opere manifestò le qualità della sua mente davvero pregevoli ed elette e “diede sempre prova di quel valente Architetto che era, e da tutti veniva stimato, e non potè non essere circondato dalla stima e dalla gratitudine dei suoi concittadini, che, oltre dell’abilità, in lui ammiravano la probità e l’esattezza”.5 Per la sua “dottrina”, per la sua “somma rettitudine, imparzialità coscienziosa, spassionato giudizio” ebbe affidati “varii affari gravi e difficili” dalla Magistratura giudicante.

Oltre che alla sua brillante e solerte attività di professionista dell’ingegneria civile e dell’architettura, Michele Carrescia si dedicò anche all’attività didattica di insegnante di matematica presso la locale R. Scuola Tecnica, in cui entrò subito dopo la seconda laurea e si consacrò, coi più elevati sentimenti di onestà, di virtù e di amor di patria, “al massimo bene della studiosa gioventù; onde non altro fine si proponeva di raggiungere nei suoi ammaestramenti, che quello di educare le nostre giovanili menti nella palestra della scienza, ed il nostro cuore alla scuola del retto sentire”.6  Per soccorrere gli studenti raccolse in diversi volumi – Lezioni di Geometria e Lezioni di Algebra – le sue “lezioni non appariscenti, ma utili, non larghe ma precise, che egli stampò unicamente per i suoi alunni; scrivendo quelle lezioni, non aveva avuto in mente di fare opera nuova o a scopo di lucro. Da quelle lezioni esposte in modo chiaro, facile, piano e senza inopportuno lusso di dottrina, i suoi discepoli avevano da molti anni tratto grande profitto, ed egli le stampava per risparmiar loro la fatica di raccoglierle e la spesa per acquistare altri libri di testo. E i suoi libri li regalava, e se qualche giovane mostrava il desiderio di volerli comprare, egli se ne adontava come se gli si fa cesse offesa”.7 E come ingegnere e come docente “manifestava la grande profondità delle sue conoscenze professionali ed il gusto estetico che aveva il suo poderoso ingegno”; un “cuore gene-roso, aperto ai più nobili sentimenti, anima calda e facile all’entusiasmo, ingegno agile e pronto, tal’era Michele Carrescia”. E nonostante avesse una rigidezza composta e serena, era tuttavia tollerante di tutte le opinioni, ma tenace e costante nelle proprie, e nel contempo gioviale e simpatico, infatti “era l’anima di quel cenacolo di spensierati (amici), lui più spensierato e più allegro di tutti”, l’elegantone del ferragosto lucerino, il vivacissimo maestro di sala del Circolo Unione. Per alcun tempo fu anche priore dell’Arciconfraternita della Morte (1904).

Era ancora in giovane età, e la vita serena e tranquilla gli appariva foriera di promesse, quando la morte, purtroppo, lo colse (19.3.1896) in Napoli, dopo venti giorni di un’agonia tormentosa per un grave e invincibile morbo (aneurisma); aveva appena terminato un progetto per il palazzo di giustizia di Lucera, in cui erano previsti importanti lavori di ampliamento, che furono poi eseguiti. Con la sua scomparsa la società lucerina perdeva “un cuore d’oro”, “un giovane probo ed onesto, la patria un cittadino integerrimo e di sperimentati liberi convincimenti, la famiglia un tenero figlio e un fratello, l’arte architettonica un buon cultore, l’infelice operaio un pietoso benefattore”, come ebbe a dire il preside Luigi Gamberale nel suo saluto al feretro. Un uomo dalla coscienza onesta, dunque, che sebbene visse “una breve vita, compì molti anni con la molteplicità delle sue opere”.

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1.GIOVANNI GIFUNI, in testimonianze perMichele Carrescia, opuscolo della Biblioteca Comunale di Lucera.

2. GIUSEPPE TRINCUCCI, Il leone e il brigante, Catapano Grafiche, Lucera 2002, pp.157-159.

3. In quest’opera fu coadiuvato dall’ing. Giovanni Gifuni. “Uscito dalla stazione, vedo una strada dritta, fra campi gialli, una strada a rettifilo, in salita” (così Piero Bargellini descrive il viale della Stazione nella sua visita a Lucera). 

4. G. TRINCUCCI, op. cit.

5.G. GIFUNI, in testimonianze cit.

6. GIUSEPPE GUERRIERI, alunno del Carrescia, in testimonianze cit.

7. Dal discorso di Gaetano Pitta pronunciato sul feretro, in testimonianze cit.

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