Lucera, 02 Maggio 2024

Eccellenze lucerine a cura di Dionisio Morlacco ‘ Profili biografici: Raffaele GRANATA

Esponente di antica e nobile famiglia di origine spagnola, già segnalatasi in passato per fatti di guerra, nacque a Lucera il 28 novembre 1809 daAndrea e Gioele Cavalli. Valente avvocato civile e cittadino esemplare, fu esempio di abnegazione e di amore patrio. Come patriota liberale fu annoverato tra i “più effervescenti riscaldati”: dal 1848, prese a diffondere le idee repubblicane; nella sua funzione di Ufficiale della Guardia Nazionale, fingendosi delegato del Comune, fece giungere la sua voce al Parlamento napoletano chiedendo armi per le guardie. Nel 1860, mentre figurava tra i decurioni comunali, partecipò alla repressione dei moti reazionari in Capitanata; l’anno dopo, eletto consigliere provinciale per il comune di Biccari, insieme con Gasparri Anzelmo (elezioni del 19.5.1861), divenne deputato supplente nell’amministrazione provinciale; nel 1864 fu designato vicepresidente del consiglio provinciale1, presieduto allora dal barone Giambattista d’Amelj, autore della Storia di Lucera. In quel consesso fu molto attivo e determinato nel sostenere le ragioni della costruzione della ferrovia Lucera-Foggia, che era avversata e combattuta da parecchi consiglieri provinciali, tra cui quel Pietro De Plato col quale mancò poco che il Granata venisse alle mani. Quando si riorganizzò il battaglione della Guardia Nazionale fu chiamato a dirigerlo col grado di Maggiore. E fu valoroso ed energico nelle azioni registrate dalla cronaca, soprattutto come animoso e coraggioso persecutore dei briganti, che all’epoca scorrazzavano per le campagne e terrorizzavano i proprietari, arrecando notevoli danni agli uomini, agli animali e ai beni della città. Alla testa di una schiera di giovani animosi – a luierano affidate le quattro compagnie della Guardia Nazionale di Lucera, Alberona, Roseto, Volturino- fece più volte a fucilate coi briganti, che temevano molto la squadriglia delle coppole rosse – così dette dal colore dei berretti dei militi-,cioè le guardie nazionali lucerine guidate dalla tempra coraggiosa e risoluta del Granata. Ma nulla potè contro i briganti in occasione dell’eccidio che avvenne il 17 marzo 1862 alla masseria Petrulla, allorché il suo slancio fu frenato dal gen. Seismit Doda che gli impedì di accorrere in aiuto dei disgraziati soldati dell’8° Rgt., comandati dal cap. Richard, che furono tutti sterminati dalla banda del brigante Crocco. Al processo e al dibattimento che seguì in Torino a carico del gen. Doda il Granata fu chiamato con altri militi a testimoniare.

Nella sua lotta al brigantaggio acquisì non poche benemerenze, tra cui la cittadinanza onoraria di Roseto Valfortore, conferitagli “per le sue preziose prestazioni nei momenti più difficili della vita del paese e per il coraggio dimostrato nel sedare le turbolenze popolari di quest’epoca”.   

Quando il 4 febbraio 1863, quale Comandante della Guardia Nazionale, fu ascoltato a Foggia dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul brigantaggio dichiarò che il brigantaggio era incoraggiato dalla pochezza della forza di contrasto e dal mancato incoraggiamento ai pastori che contribuivano “alle appostature”, e che lo spirito pubblico era affievolito, innanzitutto, per la lentezza della giustizia, per la debolezza del governo, per le voci sparse dai clericali; l’indebolimento della Guardia Nazionale dipendeva dal fatto che essa non era tenuta in conto, ma era sprezzata e le volte che aveva preso parte ad azioni non era stata ricompensata; occorreva sollevare lo stato dei cittadini con la realizzazione di strade rotabili e ripartire le terre inutili ed aumentare le stazioni dei carabinieri, perché “se la forza del governo può dare una spinta in modo da persuadere tutti che esso si occupa del paese, ciò basterebbe, non ci vorrebbero forze”; raccontò che “giorni or sono una banda di briganti fu distrutta col concorso della Guardia Nazionale di Lucera e di due pastori che hanno contribuito all’appostatura”, ma i pastori non avevano ricevuto alcun premio. 

Morì il 22 marzo 1870 e con lui si spense una forte fibra di cittadino; la sua morte segnò anche il tracollo della Guardia Nazionale lucerina. La moglie Aristea Antonia Cavalli gli fece erigere una tomba monumentale.2

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1. “Il presidente barone don Giambattista d’Amelj di Lucera è stato confermato, il vicepresidente è don Raffaele Granata anche di Lucera” (ANDREA MARIA-FRANCESCO PAOLO VILLANI, il Giornale Patrio, a cura di Pasquale e Tiziana di Cicco, vol. VI, p. 265, Claudio Grenzi Editore, Foggia 2020). Nell’assemblea provinciale il Granata fu relatore di un atto riguardante l’Opera pia, istituita in Cerignola dal sac. Vincenzo Tonti, il quale stabiliva che si “dovesse continuare ad amministrarsi dalla commissione speciale indicata in testamento e sotto la sorveglianza e dipendenza del Consiglio comunale” cerignolano.

2. Raffaele Granata aveva sposato, nel 1836, Aristea Cavalli, figlia di Cosimo e di Carmela Rossi. Questa l’epigrafe incisa sul monumento:RAFFAELE GRANATA – AVVOCATO EMINENTE DEL FORO LUCERINO – VALOROSO SERVITORE DELLA PATRIA -NEI PUBBLICI UFFICI E NELLE MILIZIE CITTADINE – MORI’ IL 22 MARZO 1870.

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