Lucera, 02 Maggio 2024

† san francesco d'assisi pastore e martire

Eccellenze lucerine a cura di Dionisio Morlacco ‘ Profili biografici: Pasquale Mosca

Pasquale MOSCA

Nacque a Lucera il 18 ottobre 1851 da Francesco e da Giuseppa Nuzzi. Al termine degli studi nel Liceo “Broggia” e di quelli universitari divenne un buon avvocato civile, preparato e scrupoloso, che seppe ereditare i clienti dello studio paterno ed altri se ne procacciò con la sua operosità e con la sua perizia, qualità che lo portarono ad espletare diverse funzioni pubbliche: di avvocato erariale e poi di delegato per le Ferrovie, di componente del Consiglio di disciplina dei procuratori e, in seguito per molti anni, di membro dell’Ordine degli Avvocati, di cui fu anche attivo segretario. Prescelto più volte, fu componente stimato ed autorevole della Giunta Provinciale Amministrativa e della locale Congregazione di Carità, ed anche consigliere, assessore comunale e pro-sindaco negli anni 1887, 1890-92, 1900-01, 1907-10 coi sindaci Giuseppe Cavalli e F. Paolo Curato, nei quali incarichi si distinse per l’abnegazione, il disinteresse e l’amore civico in contrasto con la faziosità, l’arroganza e il malaffare degli ambiziosi e dei traffichini. Con uguale operosità e diligenza fu a capo di altre istituzioni cittadine, soprattutto di beneficenza, come l’ufficio della Croce Verde (1913), il Comitato di assistenza civile durante gli anni della grande guerra, ecc. Particolare impegno adoperò a favore dell’Ospizio S. Giuseppe, del Teatro Comunale, del Museo Civico e per la realizzazione dell’illuminazione elettrica della città; molto zelante fu nella difesa della secolare e storica istituzione giudiziaria lucerina, sin da quando nel 1885, per arbitrio del Ministro di Grazia e Giustizia Diego Taiani – deputato e cittadino onorario di Foggia – il Tribunale di Lucera fu colpito da un decreto che spostava a Foggia la convocazione della Corte Straordinaria di Assise, per la quale causa il Mosca fu più volte a Roma e, per raccogliere i cittadini nello stesso intento difensivo, fu tra i più attivi fautori della fusione dei due circoli cittadini Vittorio Emanuele II e dell’Unione, che rappresentavano le due anime politiche della città: dei consorti moderati e dei progressisti; ancora nel 1903 fece parte del Comitato cittadino contro la Legge Zanardelli, che con la riforma del Giudice Unico menomava le prerogative del Tribunale; difese anche la Curia Vescovile, minacciata anch’essa nella sua presenza a Lucera, per questo fu ricevuto con una delegazione cittadina da sua Santità il papa Pio X (1908). Nel 1911, con fervido sentimento di patria, pronunciò un ispirato discorso in memoria di Nunzio Piemonte al momento dell’apposizione di una lapide sulla casa di quel patriota per la ricorrenza del 50° dell’Unità. Nulla potè, però, con la sua appassionata difesa nel 1923 quando il Tribunale dal governo fascista fu trasferito a Foggia, dove, benché vecchio, ma annoverato tra i più acuti ed insigni civilisti del nostro Foro, fu costretto a recarsi per la sua attività professionale: “accasciato nella persona, già stanca e sofferente, in una carrozzella sgangherata, affrontando i rigori del freddo e delle intemperie, si recava quasi quotidianamente a Foggia per compiere un dovere che un fato avverso ha reso più arduo e doloroso ai benemeriti superstiti di un Foro e di una generazione che di Lucera sono stati onore e vanto” (Alfonso de Peppo).       

Uomo arguto e civilista di valore – alla sua scuola educò il figlio Francesco -, profondendo il tesoro del suo ingegno colto, della sua dirittura di carattere e del suo intenso amore per la città natia nei molteplici e delicati incarichi pubblici, esercitati nella sua lunga, onesta e laboriosa esistenza, durante la quale “primeggiò nell’esercizio della professione che fu per lui sacerdozio civile o nei pubblici uffici che tenne con dignità e onore”, conseguì tali apprezzamenti che gli meritarono le onorificenze della Croce di Cavaliere della Corona d’Italia (1915) e di quella dei Santi Maurizio e Lazzaro.

Aveva sposato Soreca Elodia; il 26 gennaio 1926, a 75 anni, si spense povero, come Michele Dandolo, come Eugenio Pitta, “sulla breccia, lavorando”. Con lui scompariva una stimata ed egregia figura di professionista valoroso, di cittadino benemerito e di autentico gentiluomo, rimpianto dai colleghi e dai numerosi amici. Al Tribunale lo commemorarono con elevate parole l’on. Valentini pel Foro e il giudice cav. Simoncelli per la magistratura; il sindaco, avv. Alfonso de Peppo, a nome della cittadinanza porse il suo appassionato saluto, nel quale ricordò: “La figura di Pasquale Mosca, cara e paterna figura, rievoca in me i ricordi della prima giovinezza, quando egli, in compagnia di altri amici, preclari per ingegno e per dottrina, soleva trascorrere le ore della sera a casa mia, in conversazione elevata e dilettevole, della quale chi, come me, ebbe la ventura di parteciparvi trasse ammaestramento ed esempio per non deviare nella vita… Pasquale Mosca fu un grande cuore e un grande intelletto”.

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