Dopo la morte di Mario e Silla – che erano stati “i primi a soffiare nella guerra civile e fratricida in Roma”32 -, si assistette allo scontro, per la conquista del potere, tra i potentissimi rivali Pompeo e Cesare, entrambi molto ambiziosi, che, non potendosi tollerare, agivano l’uno piuttosto subdolamente, l’altro più o meno palesemente. “La Repubblica Romana in quel tempo corrotta era stremata: era giunta al sommo la sua calamità. Gli uffizi pubblici si chiedevano e si volevano per forza e per violenza di armi, e per corruzione di danaro si prendevano le maggiori dignità di essa”.33
Pompeo, essendo stato eletto console (49 a. C.) col favore di Catone, chiamò al governo il suocero Scipione,34 come collega. Per eliminare il rivale, istigò il Senato a togliere il comando della Gallia a Cesare e a congedare le sue truppe. Saputo ciò, Cesare, che si trovava nella Gallia Cisalpina, decise di rientrare in Italia e con l’esercito passò il confine (il Rubicone) e marciò contro Roma, da cui, intanto, Pompeo si era allontanato, con i senatori fuggitivi, riparando prima a Capua e poi a Lucera, città che fu dichiarata piazza d’armi e qui Pompeo, come generale, si pose a capo delle due legioni esistenti e “volle aiuto positivo da questa Città per sostenersi contro il suo inimico”. Invitò a raggiungerlo il fedelissimo amico Cicerone, che era a Formia, e il proconsole Domizio, che si trovava a Corfinio; ma l’uno si mosse coi suoi soldati e poi tornò indietro, avvisato del sopraggiungere di Cesare, e l’altro non fece in tempo a raccogliere le truppe e, tradito anche dai suoi, dovette arrendersi a Cesare. Caduta Corfinio e persa ogni speranza di resistere, Pompeo pensò di mettersi in salvo raggiungendo Brindisi. Lasciò il suocero a Lucera, con l’incarico di prefetto e con quattro coorti, e condusse con sé le due legioni di Lucera. Lungo il viaggio cercò di ingrossare l’esercito con le reclute (servi, pastori, coscritti, fuggiaschi) che riusciva a raccogliere e ad armare nella spopolata Puglia.
Intanto che Cesare speditamente raggiungeva Lucera, Scipione lasciò la città e si volse anch’egli verso Brindisi. Lucera aprì le porte a Cesare, che vi restò solo qualche giorno, perché riprese la caccia all’ avversario, ma Pompeo fece in tempo a salpare verso Durazzo. Ma a Farsalo (48 a. C.) Cesare lo sconfisse.
Rimasto padrone di Roma, Cesare fu nominato dittatore. Contro di lui, però, i pompeiani organizzarono una congiura in seguito alla quale Cesare cadde colpito a morte, ai piedi della statua di Pompeo, dai pugnali di Bruto e Cassio: erano gli idi di marzo del 44 a.C.
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32. G. d’ AMELY, Ibidem, p. 102.
33. Ibidem, p. 103.
a cura di Dionisio Morlacco