Altro momento della storia in cui Lucera fu chiamata a svolgere un ruolo significativo fu nel corso della seconda guerra punica.
Quando Annibale, attraversate le Alpi, sconfisse i Romani prima sui fiumi Ticino e Trebbia e poi al lago Trasimeno, invece di dirigersi verso Roma, attraversando le terre dei Marsi, dei Marrucini e dei Peligni, si recò in Puglia, per rifornirsi di vettovaglie; sin d’allora, infatti, la Daunia era il granaio d’Italia. Con l’esercito si accampò tra Arpi e Lucera, con l’intento di conquistarle, ma entrambe le città, molto legate a Roma, resistettero al suo tentativo, sicché il punico pensò di volgersi contro Gerione e la conquistò con molta devastazione, salvando solo i granai. Più tardi anche Arpi cadde nelle sue mani.
I Romani per contrastarlo inviarono il dittatore Q. Fabio Massimo, che, però, si limitò a seguire a distanza i movimenti del nemico, senza arrischiarsi in battaglia, e per questo suo comportamento fu chiamato “il temporeggiatore”. Ma dovendosi recare a Roma per i comizi, affidò l’esercito al Maestro dei Cavalieri, Q. Minuzio Rufo, con l’ordine di continuare la sua tattica. Rufo, invece, incoraggiato da scaramucce a lui favorevoli, volle sfidare Annibale, sennonché, soverchiato dalle forze avversarie, stava per soccombere, quando arrivò in tempo Fabio Massimo, di ritorno da Roma, che evitò la sconfitta.
Terminata la dittatura di Fabio Massimo, l’esercito fu affidato ai consoli Gneo Servilio e Marco Attilio, i quali continuarono l’azione di disturbo verso i nemici, senza venire a battaglia. L’anno dopo (216 a. C.) i nuovi consoli Paolo Emilio e Caio Terenzio Varrone conseguirono modesti vantaggi contro Annibale, il quale, per la necessità di procurare il sostentamento alle truppe, con l’esercito si spostò presso l’Ofanto, onde raccogliere colà le messi già mature. I consoli lo seguirono ed improvvidamente attaccarono battaglia in un luogo poco favorevole, ciò che procurò loro una terribile sconfitta presso Canne, che restò memorabile, e gettò Roma nella generale costernazione. La debacle offrì l’occasione a diversi popoli (Atellani, Irpini, Sanniti, Lucani, Tarantini, Locresi, ecc.) di ribellarsi a Roma; Lucera, invece, ancora una volta le restò fedele.
Dopo la sconfitta il Senato ordinò una nuova leva militare, che fu fatta sotto i consoli Quinto Fabio Massimo e Tito Sempronio Gracco. A Lucera fu inviato il pretore Marco Valerio Levino, che prese il comando delle truppe affidate a Varrone per condurle in Sicilia e trasferire in Puglia quelle di stanza in Sicilia.
Della sconfitta romana approfittarono anche altri popoli, sempre gelosi dell’ascesa di Roma, i quali cercarono di trarne vantaggi per nuove alleanze. Il re macedone Filippo inviò ambasciatori ad Annibale per stringere un patto di amicizia con lui. Essi sbarcarono presso il tempio di Giunone Lacinia, ma nel viaggio verso Capua caddero in sospetto e furono presi e condotti dal pretore di Lucera Levino, a cui il capo dei messi macedoni Senofane, mentendo, disse che erano venuti per recarsi a Roma onde stipulare un patto di collaborazione. Levino diede loro una scorta per giungere nella capitale; ma, elusa la scorta, gli ambasciatori raggiunsero egualmente il campo di Annibale e compirono la loro missione. Scesero poi in Calabria e presero il mare per il ritorno. Ma, avvistati dalle navi romane, furono presi e portati a Roma come prigionieri.
Annibale intanto, che oziava in Capua, decise di ritornare in Arpi, perciò ordinò al generale Annone di spianare la strada facendo distruzioni nel territorio dei Bruzii. Del suo movimento approfittò Q. Fabio Massimo, che volle punire diverse città della Campania che si erano date al cartaginese, prima fra tutte Capua. L’altro console liberò Cuma, sconfisse Annone e passò in Lucera per non perdere di vista Annibale in Arpi, provocando scaramucce. Inviò Marco Valerio Velino a vigilare sulle coste salentine, temendo uno sbarco macedone.
Nel 213 a. C. il Senato decretò che si tenessero 18 legioni sotto le armi; due furono destinate a Lucera al comando di Tiberio Gracco. Di nuovo Annibale, lasciata Arpi, fece ritorno a Capua; Q. Fabio Massimo IV lo seguì e ordinò a Tiberio Gracco di recarsi contro Annone presso Benevento e lo sconfisse. Q. Fabio fu nominato prima pretore e poi console e tornò a Lucera; assediò e prese Arpi. Per vendicarsi di ciò Annibale andò ad assediare Taranto e col tradimento la prese, poi rientro in Capua.
Ma la guerra lunga e costosa in uomini e denaro gravava sulle popolazioni e soprattutto sulle colonie, alcune delle quali si rifiutarono di corrispondere alle nuove richieste del Senato, non così Lucera che fu tra le diciotto colonie che si offrirono di dare un numero maggiore di soldati. Per questo la città fu sempre esaltata ed ebbe “attestati di plauso ed universale riconoscenza”.31 La seconda guerra punica finì con la sconfitta di Annibale a Zama ad opera di Publio Cornelio Scipione (202 a. C.).