Le origini di Lucera, anch’esse avvolte nelle tenebre, sono molto antiche e risalgono ai tempi eroici e delle favole, difatti la città si trova menzionata già dai primi storici. Sorse su tre colli: Albano (per la presenza di argilla chiara, come scrive Orazio: Hunc Lucerinae diem – signa dealbata lapillo), Belvedere (per il suo ampio panorama) e Monte Sacro (per la presenza degli antichi templi: di Minerva, di Cerere, di Diana, di Apollo, ecc.). Il suo perimetro – nel momento di maggiore sviluppo – fu calcolato intorno alle 5 miglia.
1. Diffusa negli storici è l’attribuzione dell’origine a Diomede, figlio di Tideo, che, dopo la guerra di Troia, peregrinando sul mare nel ritorno in patria, approdò alle falde del Gargano, e fondò la città di Siponto; estendendo poi il suo dominio diede origine ad altre città: Canosa, Argirippa, Luceria, epperò da quanto scrive lo storico Strabone: Et alia multa monstrantur in his locis Diomedis dominationis signa, in Minervae quidem Templo Luceriae prisca donaria, et ipsa extat antiqua Urbs Dauniorum, nunc humilis est [E molti altri segni attestano la dominazione di Diomede in questi luoghi, tra cui i doni deposti nel tempio di Minerva in Lucera, antica città dei Dauni, ora molto umile], si evince che Lucera già esisteva.2
Fu Omero (Iliade, lib. 2) a scrivere che Diomede approdò alle falde del Gargano e si inoltrò nella terra ferma, dove si scontrò coi montanari e li vinse; indi penetrò nella pianura, dove conobbe popoli fieri e selvaggi (chiamati da Plinio Dardi e Nomadi), li affrontò e li vinse distruggendo le loro piccole città (Apina, Trica), poi edificò Siponto, Canosa, Argirippa (Arpi). Alcuni storici – più esattamente scrittori di patrie memorie, tra cui Ughelli, Cluverio, Scipione Mazzella, Enrico Bacco e Ottavio Beltramo – dicono che fondò anche Lucera, male interpretando il passo di Strabone, che, in verità dice solo che nel tempio di Pallade–Minerva, esistente in Lucera, egli depose il palladio (simulacro di Atena Iliaca, custodito da Ilio, avo di Priamo, per la incolumità di Troia; involato durante la distruzione di Troia da Ulisse e Diomede e da questi portato con sé) e le armi, per ciò Lucera già esisteva da molto tempo (come del resto attestano i reperti neolitici e dell’età del bronzo) ed era antica città dei Dauni, ma al tempo di Strabone era assai decaduta. A proposito delle altre città (Siponto, Arpi, Canosa) Strabone le dice fondate da Diomede, non così dice di Lucera. Anche lo Pseudo Aristotele accenna al palladio e lo dice deposto in un tempio della Daunia, ma non nomina Lucera. E tuttavia Colasanto scrive che Diomede “venuto in Lucera sposò la figlia di Lucio Dauno, re dell’Apulia, a cui fu successore: ristaurò la Città, vi edificò all’ovest la Rocca, e per la fertilità dei campi eresse al nord un Tempio a Cerere alla cui venerazione vi si recavano gli abitanti dell’Appula contrada, portando come primizie i manipoli di spighe”, epperò Lucera – conclude Colasanto – non è di origine greca.
E’ più probabile che il culto del guerriero Diomede e della dea Atena Iliaca venisse portato dagli Etoli di Locri nel VI o V sec. a. C., ma al riguardo Meluta Marin esclude che Lucera possa dirsi fondazione etolica dei Locresi, ”come giustamente osserva il Giannelli”, che per la Daunia sostiene “non si può parlare di regolare fondazione di colonie (esclusa Elpie), ma di sporadici gruppi di emigranti che, bene o male accolti dagli indigeni, riuscirono in qualche maniera a stanziarsi qua e là nella vasta pianura dauna e sulla costa”.3 Anche il Riccio, sulla scia del Micali, respinge tutte le tradizioni basate sulla mitologia che attribuiscono alle emigrazioni greche la fondazione di molte città. Epperò, nel suo studio sulle monete, si sofferma sul culto di Minerva e sui simboli di divinità greche.
2. Lucera è detta città dei Dauni (o Dauniti, da Sanni o Sanniti dei Greci, o Sabni o Sabniti) di lingua osca, perché essi la abitavano ed erano parte degli Ausoni o Opici, che erano gli stessi Osci, gli stessi Sanniti o Sabelli, come scrive Orazio (Satire, lib. 2), possessori della pianura. Quest’appartenenza è confermata dal culto di Bacco Sabello e di Minerva (culto precedente ai fatti di Troia) e dalle usanze delle sacre primavere (ver sacrum), emigrazioni e fondazioni di sacre colonie. Secondo un loro antico costume i Sanniti dedicavano agli dei tutto ciò che nasceva nel corso della primavera e ad essi li offrivano, compresi i figli; più tardi sostituirono il sacrificio con l’allontanamento dei giovani, che mandavano a cercare altrove la loro terra e fondare colonie; in questo modo fondarono Lucera.4 E’ più probabile, però, che gli stessi Sanniti, popolo di nomadi pastori, andando in cerca di pascoli nelle loro migrazioni, scendessero verso la fertile pianura e vi si stabilissero. Accettando questa opinione – di Lucera città dei Dauni – non mancarono coloro che (gli archeologi Marchi e Tessieri) ipotizzarono relazioni tra il re Dauno dei Rutuli di Ardea e Lucera, rapporti testimoniati dalla ruota a sei raggi che appare sul rovescio delle monete della serie degli assi dei Rutuli e sulle monete onciali di Lucera, sicchè non è inverosimile per loro che Lucero, supposto figlio di Dauno abbia chiamato Daunia la regione e Lucera la sua nuova città. A sostegno di tanto, oltre le monete, ci sarebbero le tradizioni mitologiche e la leggenda poetica di Virgilio.5
3. Altri, pur condividendo quanto detto sui Sanniti, sostengono che gli Etusci o Tusci fondarono molte città italiane, e anche Lucera, che fu di origine pelasgica (come sostiene Cassitto). Essi vennero dalla Lidia (come dice Erodoto),6 condotti da Tirreno, figlio di Ati. Secondo Ellanico,7 che fu contemporaneo di Erodoto, i Tirreni erano gli stessi Pelasgi Tessali che approdarono a Spina sull’Adriatico, penetrarono nell’interno dell’Etruria e vi rimasero alcun tempo, poi tornarono nell’Attica, come Pelasgi Tirreni. Ma Dionisio8 afferma che gli Etrusci erano originari dell’Italia. Ad essi si aggiunsero le colonie asiatiche, apportatrici di elementi di civiltà.
Giovanni Antonio Cassitto, cultore di storia locale vissuto nel settecento, ritiene Lucera di origine etrusca: i Tusci (o Pelasgi o Tirreni) sovrapponendosi con diverse colonie agli aborigini occuparono tutta l’Italia. Essi erano gente colta e dominatrice dei mari; costruirono monumenti, batterono monete e dominarono con la loro lingua osca-etrusca. Prima dell’eccidio di Troia la Puglia era abitata dai Tusci o Etrusci, i quali fondarono Lucera. Il Cassitto, dall’analisi etimologica, rileva come molte città sono di origine orientale: Ascoli, Teano, Larino, Arpi, Canosa, Salapia, Taranto, Vulture, ecc. Allora ci chiediamo gli aborigeni vennero da oriente ed erano pelasgi?
4. Altri (tra cui il Chieffo) sostengono che la Puglia fu abitata dagli Illirici di Pilumno, figlio di Giove e gemello di Picunno, il quale fu il primo re di Puglia, che sposò Danae, figlia di Arisio. Egli, per timore del suocero, riparò presso i Rutuli, nel Lazio, ove fondò Ardea. Il figlio Dauno rioccupata la sede paterna, dominò sulla Daunia; un secondo Dauno generò Turno, che fu chiamato Dauno dal nome del padre. Diomede sposò la sorella di Turno ed ebbe in dote molti campi. Questi abitatori furono chiamati da Plinio Dardi e Nomadi e furono detti di origine Tusca, perché Tusco era Dardano, fondatore di Troia. Mazzocchi ritiene che Dardi si dicessero dal caldaico darder (dispersione), perché i pastori erano nomadi e vagavano con le loro famiglie per le terre di Puglia.
Ma furono questi Illirici di Pilumno o di Turno i primi abitatori della Daunia o vi si sovrapposero agli aborigeni? Una cosa è certa: tra gli antichi era invalsa l’abitudine di magnificare i popoli venuti da altri posti. Gli Illirici che occupavano le terre al di là dell’Adriatico, e si erano portati anche in Grecia, in diversi momenti erano approdati sulle coste adriatiche Le antiche tribù degli Osci vivevano vita semplice, agreste e pastorale, quando vennero altri popoli a sovrapporsi. Non fu quindi Diomede o Dauno, non furono gli Illirici o la gente Tusca a fondare Lucera, ma gli indigeni o aborigeni, compresi nel vasto nome di Oschi9 chiamati poi Dauni, fondarono la nostra città. Essi, come gli altri popoli primitivi d’Italia, forse derivavano dall’emigrazione giapetica. Gli Osci, pastori e agricoltori, scendendo nelle terre meridionali si stanziarono sui colli di Lucera. A sostegno di quest’origine osca e pelasgica è il culto di Minerva di provenienza mediterranea (Egizi, Fenici), che divenne famoso, come attesta il mosaico della Medusa rinvenuto nel 1786 e le monete recanti impressa la testa di Pallade galeata (con l’elmo), con la lettera arcaica L, iniziale del nome Luceria. Ora al di là delle varie ipotesi sull’origine etolica o iapigio-messapica o osco-etrusca di Lucera, si può certamente affermare che le sue origini si perdono nella notte dei tempi e, perciò, sono anteriori al mito greco di Diomede, ciò che dichiarano sia i resti neolitici che i reperti dell’età del bronzo, rinvenuti in passato sul Gargano e nei dintorni di Lucera (nel 1902 da Giuseppe Checchia) e poi nelle indagini condotte, sempre in Lucera e nelle sue vicinanze, nel 1964 dall’inglese Jones Barry: in quell’occasione in Lucera vennero alla luce resti dell’età neolitica databili al III sec. a. C. e un piccolo focolare pure neolitico presso il palazzo federiciano (Cavalleria), nell’ambito del Castello.10 Prima del Barry, il Bradford aveva individuato tracce di un insediamento eneolitico nella masseria Villani, a 7 km da Lucera. Sul Monte Albano affiorarono anche tracce della civiltà del ferro (XIV-XIII sec. a. C.): “Sono alcuni frammenti di ceramica ad impasto grossolano coevi secondo Gervasio a quelli di Coppa Nevigata, un frammento nero-lucido e due vasi di grosse dimensioni d’impasto scuro”.11 Lo attestano soprattutto i nummi, ossia le monete, chiamate a sostegno di alcune delle citate ipotesi, sulle quali si vedono rappresentati elementi che richiamano il mito degli eroi (Ercole), il culto delle divinità (Pallade, Apollo, Diana, Giove) e del loro potere sugli uomini (clava, fulmine, astro a sei raggi), l’origine marina della terra e la sua vicinanza al mare (rana, conchiglia), la fertilità del suolo (spiga), ecc. Sembra ancora che intorno al 2700 a. C. la città fosse sede di un santuario federale, cui facevano capo altre città: Arpi, Teano, Uria, Ordona, Siponto, Salpi, Ardea, Nola, Palepoli, Cuma, Pozzuoli. Dai contrasti tra le città nacquero poi altre leghe, come quella sabina e lucana.12
Note
2. Strabone, storico e geografo dell’antica Grecia (c. 63 a. C.– c. 19 d. C.), da giovane venne a Roma; fece molti viaggi e scrisse una Storia e la Geografia in 17 libri; i libri III-X descrivono l’Europa.
3. MELUTA D. MARIN, Topografia della Daunia antica, Ed. C.E.S.P. 1970, pp. 59-60)
4. L’usanza delle sacre primavere, in verità, era diffusa un po’ presso tutti i popoli italici: quando la popolazione cresceva e i mezzi di sussistenza non erano più sufficienti per tutti, i giovani, a primavera, abbandonavano la comunità e andavano in cerca di altre terre, libere o da assoggettare, dove fondavano altre comunità.
5. Eneide, lib. VII, vv. 371; 409-410; 690-694).
6. Storico greco del V sec. a. C., Erodoto nacque ad Alicarnasso (490/485 c.). Viaggiò molto e fu attivo nelle vicende politiche della sua città. Ebbe contatti con gli esponenti della cultura greca e ionica del suo tempo (Pericle, Empedocle, Protagora). Scrisse la Storia o Ricerche storiche.
7. Ellanico di Mitilene (V sec. a. C.) scrisse molto di mitologia, di storia, di geografia. Di lui restano solo frammenti della sua Storia dell’Attica.
8. Dionisio (o Dionigi) di Alicarnasso, retore e storico del I sec. a. C. Nell’anno 30 si trasferì a Roma, dove visse per circa 20 anni, morendovi intorno al 7 a. C. Scrisse la Storia antica di Roma, dalle origini alla II guerra punica (264 a. C.).
9. I lavori di scavo furono condotti dalla Sovrintendenza ai Monumenti della Puglia in collaborazione con l’Università di Manchester.
10. “Gente indigena o Aborigine, compresa sotto il vasto nome di Oschi, si fu quella che poi chiamata Dauna fondò Lucera”, cfr. GIAMBATTISTA d’AMELY: Storia della Città di Lucera, Tip. Scepi, Lucera 1861, p. 47.
11. M. D. MARIN, op. cit., p. 58.
12. TONINO DEL DUCA, Storia di Lucera fino ai nostri giorni, Edistampa, Lucera 1981, p. 5.
A cura di Dionisio Morlacco