SPETTACOLI Cinema         Pubblicata il

Un ritratto dell'Ucraina in guerra

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Reflection (2021) 
Regia di Valentyn Vasyanovych
Un film duro e introspettivo, che mostra la carne sanguinante e lo spirito sofferente dell’Ucraina.
 
“E tu, perché non vai in guerra?”
La risposta di un padre alla propria bambina è fortemente premonitrice (e politica): si combatte al fronte per impedire che la guerra (e la Russia) invada tutta l’Ucraina.
Una domanda, innocente e spontanea, che a dispetto della risposta offerta dal padre, scardinerà le loro vite. Perché si può combattere la guerra più giusta del mondo, ma il senso di lacerazione che essa porta è insopportabile. 
E’ questo, ciò che racconta Reflection e che lo rende interessante e toccante. 
Per nostra fortuna (e anche grazie alle grandi sofferenze del passato, che ci hanno insegnato almeno a convivere nello stesso Continente), noi “europei occidentali” non siamo più abituati alla guerra: la vediamo solo in televisione. Nella peggiore delle ipotesi, piangiamo qualche nostro morto quando lo riportano su un areo alla madre.  
In Ucraina, invece, la guerra è onnipresente e condiziona la vita in ogni sua esplicazione. 
Basta imboccare la direzione sbagliata ad un bivio, tornando a casa, e ci si ritrova sotto una raffica di proiettili. 
Gli uomini partono per il fronte, lasciando le loro famiglie in perenne attesa, a convivere con il terrore di non rivederli. 
I ragazzini fanno giochi innocenti, che tuttavia in un attimo possono tramutarsi in dramma, agli occhi degli adulti.  
Su tutto, aleggia lo spettro della morte, assillante, ineliminabile, opprimente. 
Reflection è totalmente privo di colonna musicale ed è costruito su inquadrature che per la quasi totalità del film restano fisse. Il movimento è ottenuto affidando la camera a ciò che si muove (ad esempio, all’interno di un’auto o di un furgone in viaggio, riprendendo ciò che accade all’esterno attraverso il parabrezza). Sotto questo profilo, Vasyanovych sembra omaggiare il cinema classico, con un rigore nella messa in scena veramente notevole. 
Infatti, l’azione avviene sempre all’interno di uno spazio ben delineato, come se stessimo guardando attraverso una serie di finestre, via via più ampie o più strette, in base alle necessità di rappresentazione dei protagonisti.
Ma sono finestre per garantirci lo sguardo sulle loro vite, o sono gabbie che li imprigionano?
 
Nicola Ivan Bernardi

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