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La mamma di San Giuseppe Moscati Marchesi di Roseto Valfortore

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di Nicola Chiechi
                    
Come tutti gli anni, don Luigi Di Condio, nuovo parroco della chiesa di San Giovanni Battista di Lucera, ha voluto celebrare la festività in onore di San Giuseppe Moscati il 16 novembre scorso. Alla cerimonia erano presenti numerosi fedeli accorsi da altre zone della città, soprattutto perché era una grande occasione in quanto era stata annunciata la presenza della reliquia del Medico Santo. La funzione religiosa è stata celebrata anche presso la Chiesa di San Domenico-come veniva fatto abitualmente dall’ex-Rettore Di Condio- dove si conserva la reliquia del Santo e si può ammirare un prezioso dipinto del Moscati. Questo dimostra la grande venerazione che il popolo lucerino nutre per il “Medico della Carità” di Napoli.

La stessa parrocchia di San Giovanni  ha organizzato un Pellegrinaggio nel mese di dicembre, guidato dal vice Parroco don Francesco Codianni, alla Chiesa del Gesù Nuovo di Napoli, dove riposano le spoglie mortali del Santo. Al Pellegrinaggio hanno partecipato molti fedeli, soprattutto giovani che hanno allietato il viaggio con canti, suoni e preghiere.

Anche presso la Chiesa Madre di Roseto Valfortore, in occasione dei festeggiamenti del Santo napoletano è stata celebrata una solenne cerimonia presieduta dal Parroco don Antonio De Stefano. Va ricordato che la mamma del Moscati, Rosa De Luca dei Marchesi di Roseto, è originaria del piccolo borgo dei monti dauni. 
Come è noto, Giuseppe Moscati nacque a Benevento il 25 luglio 1880 da Francesco Moscati e da Rosa de Luca dei Marchesi di Roseto, e morì a Napoli il 12 aprile 1927, a soli 46 anni, quando era nella sua piena attività di medico, scienziato e benefattore dell’umanità, come primario dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli. Giuseppe Moscati, sempre orientato a Dio e al bene supremo dell’essere umano, sin dall’inizio fu considerato un medico controcorrente nell’ambiente medico del suo tempo così pervaso di positivismo scientifico e di idealismo filosofico. Non si poneva pertanto di fronte al semplice corpo del malato, ma era sempre davanti a esso nell’interezza della sua vocazione umana e cristiana. Si prendeva cioè cura della salute integrale del paziente, e quindi non solo della salute del corpo, bensì anche quella dello spirito. Si dedicava soprattutto alla cura dei poveri e dei bisognosi. Ogni mattina, prima di recarsi in Ospedale, si alzava presto per visitare gratuitamente a domicilio la povera gente. Nel suo studio privato, come onorario, vi era un cestino con la scritta: «Chi può, metta qualcosa. Chi ha bisogno, prenda.»                                                                

Il Moscati non avrebbe mai potuto considerare il malato come “un numero” e basta, trascurando cioè i valori primari della persona umana, e né avrebbe tollerato le lunghe liste di attesa del sistema sanitario dei giorni nostri! Quando era cosciente di trovarsi di fronte a gente veramente povera e bisognosa, non solo rinunciava al suo onorario, ma lasciava di nascosto, tra le ricette, i soldi necessari per l’acquisto delle medicine.                        

Dinanzi alla tomba del Santo, sempre gremita di devoti, tra riflessioni e preghiere dei nostri pellegrini, si è accennato ai genitori del Moscati, e soprattutto alla mamma Rosa de Luca dei Marchesi di Roseto, che non tutti sanno che è originaria appunto della casata gentilizia del piccolo borgo dauno di Roseto Valfortore, la cui figura appare tra i ricordi e testimonianze nella Chiesa del Gesù Nuovo.

Certamente, per l’educazione alla santità di Giuseppe Moscati ha avuto notevole rilevanza l’impronta dei genitori entrambi molto religiosi. Il padre Francesco, eccellente magistrato, nonostante la mentalità del suo tempo fortemente influenzata dalla massoneria, rimase sempre legato alla fede cristiana che seppe testimoniare come vero modello di vita. La madre Rosa esortava costantemente i figli «a fuggire sempre il peccato, che è il più grande male della vita.»

Mamma Rosa era una donna forte, energica, coraggiosa e dotata di un profondo spirito cristiano. Seppe crescere ed educare i suoi nove figli con amore e saggezza, abituandoli sin da piccoli al sacrificio, alla rinuncia e al santo timore di Dio, nonostante la famiglia godesse di piena agiatezza. Nel novembre 1914, Rosa de Luca muore a causa del diabete di cui era da tempo sofferente. Questa malattia era incurabile a quell’epoca, e diventerà per Giuseppe Moscati una delle sue costanti preoccupazioni; per questo egli sarà il primo medico a sperimentare l’insulina a Napoli e da allora insegnerà ai suoi allievi la cura per questa malattia.  

Sotto molti aspetti, Rosa de Luca ci ricorda Zelia Martin, la mamma di Santa Teresina del Bambino Gesù, di cui il Moscati era particolarmente devoto.                                             
Oggi, in cui i sani principi cristiani appaiono offuscati, la famiglia di Giuseppe Moscati risplende come un vero ideale di vita, al quale dovremmo ispirarci.

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