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L'action painting di Pietro Pantaleo

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Avete mai sentito parlare dell’effetto farfalla? È l’idea, presente nella teoria del caos, secondo cui piccole variazioni nelle condizioni iniziali possono produrre, attraverso una serie di ripercussioni a catena, grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema, fino al paradosso secondo cui un semplice battito di ali di una farfalla in una parte del mondo potrebbe scatenare un uragano a migliaia di chilometri di distanza.

È uno dei principi posti alla base del pensiero pittorico di Pietro G. Pantaleo, artista barese che ama definirsi un actionpainter e che esporrà e si esibirà nel prossimo weekend presso la cantina di Alberto Longo in Lucera, lungo la strada per Pietra M.no, sabato sera alle 20 con la presentazione della mostra e per tutto il giorno di domenica, in coincidenza con la giornata di Cantine Aperte, con una action painting in pubblico che nasconde una provocatoria sorpresa.

Vi conviene cancellare quella smorfia scettica dai vostri volti. Infatti il principio di cui parliamo non solo ha affascinato la fantasia di registi cinematografici, ispirando film come l’americano “The Butterfly effect”, del 2004, e di scrittori come Ray Bradbury che gli ha dedicato il racconto “A sound of thunder”, pure trasposto in pellicola nel 2007, ma le sue suggestive implicazioni, tradotte in arte, suonano più o meno come: nulla è frutto del caso, ma ogni gesto, anche quello apparentemente più spontaneo, risponde sempre ad una precedente azione. Quindi ogni piccolo movimento determina sempre delle modifiche nella realtà in cui opera, a volte consapevoli, altre meno.

Pietro G. Pantaleo sin dagli anni ottanta si era dedicato ad una deframmentazione del suo immaginario personale che, trasposto sulla tela, sembrava frutto di un casuale ed apparente assemblaggio di materiali diversi come immagini e scritte tratti da riviste e da reclame pubblicitarie, abbinati a oggetti e materiale riciclato che lo hanno fatto avvicinare alle opere di Kurt Schwitters, antesignano dei dadaisti e surrealisti o alla popArt e, più in particolare, gli sono valsi la collocazione nella scia degli Affichistes, come gli europei Rotella, Hainz, Villeglè, Dufren.

Però mentre nella corrente americana la critica al modello culturale occidentale passava attraverso la raffigurazione dei simboli del consumismo (la lattina di Campbell, il logo della Coca Cola) e dei miti di plastica (su tutti la Marilyn Monroe moltiplicata all’infinito da Warhol), la scelta degli Affichistes e di Pantaleo di concentrarsi su materiali di scarto e su immagini apparentemente assemblate alla rinfusa cerca di veicolare messaggi molto più profondi, anche perché intervenuti in epoca successiva, di profonda crisi del modello capitalista.

E così al Castello D’Ayala Valva a Carosino (TA) nell’aprile scorso il tema dominante della mostra, dal titolo Ex, era lo straniero inteso non solo come forestiero, ma anche come estraneamento dell’individuo all’interno della collettività cui appartiene, in forza dei pregiudizi da cui spesso ci si lascia condizionare.

In Frammenti Eros…i del 2004, l’artista, dopo aver affrontato con l’installazione “Athanor del ’98 il viaggio all’interno della coscienza, e nel 2002 con “Frammenti”il processo dell’identificazione, è entrato nel proibito, censurato mondo della trasgressione.

Con la personale di Lucera intitolata Rossofreddo, invece - promossa da Maria Giacovelli nell’insolita veste di agitatrice culturale - Pantaleo propone una sua personale lettura dei sette vizi capitali, da un lato, e delle possibili modalità di espressione dell’Eros e del Pathos ma non più e non solo come semplice trasgressione, affiancate da due pannelli lunghi che, richiamando una pellicola cinematografica, accomunano immagini che illustrano la sua personale visione della realtà e dell’uomo. Tutti lavori accomunati da una predominanza del colore Rosso.

La cosa più sorprendente è che mentre Pietro G. Pantaleo, nella sua Palese, sin dal 2004 virava decisamente sul Rosso facendone il tema costante e la dominante di tutti i suoi ultimi lavori, da tutt’altra parte della Puglia Alberto Longo, più o meno nello stesso momento, decideva di intraprendere l’avventurosa esperienza di produttore enologico, del tutto nuova per lui, che lo ha visto in pochi anni affermarsi ai più alti livelli come una della cantine più promettenti. L’ultima sua creatura, che verrà presentata in occasione dell’inaugurazione della mostra non poteva che essere un Rosso, benché ottenuto dal Nero di Troia (che di nero ha solo il nome) e che contrariamente al solito va consumato freddo, il Rosso Freddo appunto.

C’è ancora qualcuno di voi disposto a sorridere sulla teoria dell’effetto farfalla?

Michele Colucci

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