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Lo psicologo spiega come affrontare un lutto

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Ad ognuno di noi è capitato o capiterà di doversi confrontare con l’aspetto più destabilizzante della propria esistenza, la fine della vita fisica di un proprio caro. Vivere questo tipo di distacco ed ancor di più accettarlo non è sicuramente facile, per nessuno. Una perdita implica una profonda mutazione di quanto presente nella vita di chi vive il lutto. Si crea un vuoto sia fisico che emotivo. Questo spesso comporta una perdita delle coordinate conosciute interne ed esterne della persona che smarrisce temporaneamente le capacità di organizzazione, pianificazione e concentrazione. Il senso di vuoto psichico, emotivo e, a volte, anche fisico, determina spesso un profondo stato di confusione tale da far sì che ci si ritrovi senza più punti di riferimento. Quando accade un evento simile, sembra come se il tempo che abbiamo trascorso con l’altro/a non sia stato sufficiente per trasmettergli/le tutto quello che avremmo voluto.

Dal lutto, normalmente, si esce attraverso un processo di elaborazione psichica, o “lavoro del lutto”, che prevede 4 stadi o fasi:

Stadio 1:
è una prima fase di disperazione acuta, caratterizzata da stordimento e protesta. Vi può essere immediato rifiuto (la persona nega il decesso, agisce come se non fosse mai accaduto, conserva gli oggetti del defunto), sono comuni crisi di rabbia (verso la persona defunta, verso Dio, ecc…) e di dolore. La fase può durare da alcuni momenti a giorni e può interessare periodicamente la persona afflitta per tutta la durata del processo di lutto. Karl Abraham definisce questo momento come “emorragia interna”, metafora amara ma molto chiara.

Stadio 2:
è una fase d'intenso desiderio e di ricerca della persona deceduta; è caratterizzata da irrequietezza fisica e da preoccupazione eccessiva verso il morto. La fase può durare alcuni mesi o anche anni in forma attenuata.

Stadio 3:
fase di disorganizzazione e di disperazione, la realtà della perdita comincia ad essere accettata ed ammessa. Domina una sensazione che la vita non sia reale e la persona afflitta sembra essere chiusa in se stessa, apatica e indifferente. Spesso si verificano insonnia e calo ponderale così come la sensazione che la vita abbia perso il suo significato. La persona addolorata ricorda costantemente lo scomparso ed insorge un inevitabile senso di delusione quando riconosce che i ricordi sono solo ricordi.

Stadio 4:
è una fase di riorganizzazione, durante la quale gli aspetti acuti del dolore cominciano a ridursi e la persona afflitta comincia ad avvertire un ritorno alla vita. La persona perduta viene ora ricordata con un senso di maggiore distacco emotivo e la sua immagine viene interiorizzata.
Quando le emozioni negative legate al ricordo della persona defunta sono troppo forti ed invalidanti, per un periodo di tempo superiore ai 6 mesi, vuol dire che il lutto non si è risolto nel migliore dei modi (in termini tecnici si dice che non è stato “rielaborato il lutto”). Un blocco nel lavoro del lutto porta alla malinconia, che insorge quando il soggetto sente la persona perduta come una parte ineliminabile di sé da cui non può separarsi. L'elaborazione del dolore è un complesso processo psicologico di distacco dall'attaccamento stabilito con la persona che non c’è più, che si esplica, inevitabilmente, attraverso il dolore del lutto.
Il lutto è un momento difficile che va vissuto: inutile fuggire al dolore o anestetizzarlo con tranquillanti o comportamenti euforici reattivi. Soltanto attraversandolo intensamente, potrà veramente essere superaro ed integrato nella propria esistenza.

Per favorire il processo di rielaborazione del lutto vi indico alcuni consigli:
1. Accettare la realtà della perdita: innanzitutto è necessario rendersi conto di ciò che è avvenuto. La persona non c’è più. E’ molto importante prendere contatto con la realtà, con il corpo inanime, con i riti di addio, per esempio il funerale. Sono momenti importanti che accompagnano il distacco e lo rendono reale: attraverso queste azioni di transizione, la persona può sentire il distacco in modo più graduale e così diventarne consapevole.
2. Sperimentare la sofferenza e il dolore: evitare il dolore è inutile e controproducente. Bisogna viverlo, piangere la persona perduta, condividere la sofferenza con le persone care.
3. Adattarsi all'ambiente senza la persona scomparsa: dopo aver elaborato profondamente il dolore, si può e si deve cercare un nuovo adattamento alla vita, senza la compagnia della persona scomparsa. Si troveranno altre formule esistenziali, nuove abitudini, nuovi piccoli piaceri; si svilupperà una nuova motivazione che permetterà di dare alla propria vita un senso diverso, altrettanto importante. La persona scomparsa vivrà nella memoria con delicata malinconia, ma senza impedire alla propria vita il suo naturale svolgersi.
4. Usare l'energia emotiva per reinvestirla in nuovi rapporti o attività: quando si sarà trovato un nuovo spazio nel mondo, l’energia emotiva potrà fluire su altre possibili relazioni d’amore e di amicizia, o su attività di lavoro e di svago. E’ la fase più difficile per chi resta vedovo o per chi perde un figlio, ma è anche quella che permette di continuare a vivere consapevolmente e con vera motivazione. Nella fase finale del lutto si concretizza una ricomposizione delle parti frantumate e precedentemente sconvolte dal dolore. Le molteplici energie investite nella relazione con la persona o nella situazione non più presente, nel momento in cui avviene il “saluto” e il distacco, possono essere di nuovo investite verso nuove relazioni o nuove esplorazioni.
Quando viviamo un lutto proviamo tutta la gamma delle emozioni che sono tipiche della Depressione. Preciso che è estremamente legittimo provare una profonda depressione in seguito ad un lutto. Quando però lo stato depressivo dura oltre i sei mesi lo stato luttuoso assume forme patologiche. Affrontare in modo adeguato un lutto è, quindi, un’esperienza molto delicata, complessa ed importante per la salvaguardia della salute psicologica. Avere difficoltà nel farlo è comprensibile e possibile ed in questi casi può essere di grande aiuto un sostegno psicoterapeutico. Ricordate… Non c’è ritrovamento senza smarrimento. Per ritrovarci, come scrive Racamier, dobbiamo prima perderci.

P.S.: Se avete dei quesiti da porre a Salvatore Panza, scrivete nell’area commenti o, se preferite una comunicazione privata, inoltrateli direttamente alla casella di posta del Dottore: salvatore_panza@virgilio.it. Per altre informazioni visitate il sito: www.salvatorepanza.itoppure telefonate al: 340.2351130.

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