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Il pensiero di Di Muro sulla posizione del Sindaco e sul rapporto tra tecnici e politici

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Che un Sindaco (uno qualsiasi) debba farsi carico di tutte le malefatte del mondo (una specie di San Sebastiano sacrificale) e portarsi sulle spalle prima di tutto il peso delle contraddizioni della sua maggioranza è un dato che, ormai, non deve far scandalizzare più nessuno. A questa logica da idioti, senza senso non poteva sottrarsi quello di Lucera, Pasquale Dotoli, il quale ora viene accusato anche di inerzia. Non sappiamo se veramente Dotoli sia inetto o meno, cioè un fannullone, che sta al Comune per perdere tempo. Sappiamo, però, che sin dal suo insediamento, egli è stato letteralmente messo in croce da atteggiamenti e richieste che superano ogni limite di pubblica decenza. E da chi? Da quelli che avrebbero dovuto sostenerlo, quelli della sua maggioranza che si sono persi nel mare magnum di polemiche pretestuose e talvolta inutili, stupide, che di fatto hanno vanificato i migliori propositi per il rilancio della città. Da tre anni e mezzo Dotoli deve rincorrere questo o quell’altro per cercare di mandare avanti una barca che politicamente fa acqua da tutte le parti, in una barca dalla quale sono scesi in tanti voltagabbana, di quelli che hanno tradito clamorosamente gli impegni elettorali. Naturalmente gli interessati diranno che non è vero, ma la situazione reale non sembra dar loro ragione. E’ lo stesso destino toccato a Peppino Labbate, che fu costretto a far un giro di valzer di assessori senza precedenti, per tamponare falle che i compagni di partito e di coalizione aprivano ogni giorno al suo fianco. Certamente Dotoli avrebbe potuto fare di più, al netto dei suoi errori di inesperienza e di alcune prese di posizione, che avrebbe potuto evitare, come abbiamo avuto modo ripetutamente di rilevare. Avrebbe potuto fare di più se avesse potuto soltanto dedicarsi al lavoro di coordinamento, che deve essere quello identitario di un Sindaco. Invece, tanti degli assessori che si sono sinora alternati non si sono rivelati all’altezza della situazione, per cui spesso è stato costretto a fare opera di supplenza. Ed ora sono proprio questi signori a parlare di inerzia!
Non solo. Alle sue spalle non vi è stato mai un partito degno di tale nome, con il compito di seguire i temi politici all’interno dell’azione amministrativa, né in questo contesto ha potuto contare su un capogruppo, posto che coloro che hanno avuto il mandato di farlo se la sono molto presto date a gambe levate.  Quindi, tutti coloro che ora invocano un maggiore attivismo di Pasquale Dotoli dovrebbero farsi un serio esame di coscienza, perché non si può pretendere da altri quello che non si è riusciti a fare in proprio, con lo scarico irresponsabile di responsabilità. A ciò si deve aggiunge il fatto che nella maggioranza reggente Dotoli ci sono infiltrati delle precedenti due Amministrazioni, i quali giocano su diversi tavoli in relazione alle opportunità di parte o personali. Pur se il primo cittadino aveva promesso proprio in campagna elettorale di fare terra bruciata di coloro che avevano reso la vita difficile a Labbate e Morlacco.
Purtroppo, non è stato così, per cui su molte situazioni gravano i condizionamenti di questi signori ballerini. Certo, Dotoli  può anche essere mandato a casa. La verità è che il proposito è piuttosto vecchiotto, per cui la sensazione è che non vi sia neppure la forza o il coraggio di farlo. Di sicuro è che Pasquale Dotoli ha un temperamento di ferro e una forza di sopportazione difficilmente riscontrabile. Probabilmente vorrebbe anche togliere il disturbo e abbandonare il cantiere comunale. Forse è il suo senso di responsabilità che lo spinge a restare in sella, perché nonostante tutto una Amministrazione serve in questo momento, benché sofferente e forse ricattata. Certamente, quelli che dovrebbero andare a casa sono annidati tra i doppiogiochisti, i veri inetti e incapaci che sinora si sono dimostrati solo come elementi di turbativa. Di turbativa per i problemi della comunità, in un momento di difficoltà in cui Lucera andrebbe difesa a denti stretti e all’unisono.

Antonio Di Muro

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Quei rapporti (spesso tesi) tra politica e burocrazia

Il braccio di ferro politica/burocrazia al Comune di Lucera è un fatto di ordinaria amministrazione. Lo diciamo a quanti, più giovani, si sorprendono e, forse, addebitano la cosa alla sola entrata in vigore della famosa legge Bassanini, che praticamente dà ampi poteri alla classe dirigente. E’ parzialmente vero. Anche prima, pure quando al comando vi erano amministratori molto preparati (per tutti l’avvocato Biagio Di Giovine), per riferirci alla cosiddetta Prima Repubblica, la ‘guerra’ tra i comandanti della burocrazia comunale e quelli della politica era all’ordine del giorno. La verità  è che quando gli amministratori vanno a Palazzo Mozzagrugno pensano di decidere con la propria testa, mentre, invece, si trovano di fronte il catenaccio del cosiddetto apparato amministrativo, che ritiene di mantenere il potere decisionale sostanzialmente per sé e di cederlo solo  raramente, incuneandosi  all’interno di  un tortuoso itinerario di regole e mezze regole e talvolta anche di cavilli. Da questo scontro esce sconfitta la politica, che ora, d’accordo, fa gli atti di indirizzo, ma a metterli in pratica sono i dirigenti. Vi pare poco? Una volta le cose erano più semplici, perché, prima della Bassanini, il punto di riferimento della macchina amministrativa era il segretario generale, a cui, bene o male, faceva capo tutto l’attività comunale. Quando una Amministrazione poteva disporre di un ottimo segretario aveva risolto gran parte dei suoi problemi (ricordiamo, tra gli altri,  l’ottimo don Peppino Ventrella).
Ma anche il segretario non scherzava, nel senso che tante volte utilizzava l’accentramento delle funzioni con il piglio del comandante. Ricordiamo Arturo Galelli (il tedesco), che di fatto condizionava la classe politica operante a Palazzo Mozzagrugno. E non solo la classe politica, perché pure i dipendenti erano terrorizzati al solo vederlo circolare nei corridoi. Che ci fosse bisogno di una legge che potesse coinvolgere di più la tecnostruttura apicale nell’attività dei Comuni è fuori discussione. Però, si ha l’impressione che si sia voluto eccedere, nel senso di far pendere la bilancia a favore dei burocratici, forse per mettere una sorta di sovrintendenza anche nelle questioni di legalità. Lucera ha avuto la grande opportunità di innestare nella macchina comunale un elemento che potesse fare veramente da punto di equilibrio tra burocrazia ed esigenze della politica. E’ stato quando al Comune è approdato come Sindaco Vincenzo Morlacco, il quale conosceva a menadito i problemi della dipendenza comunale, per aver lui stesso svolto le mansioni di segretario a Lucera. Non solo. Morlacco è ritenuto unanimemente un esperto di prima classe in Capitanata, al punto che la Provincia non se l’è lasciato scappare, anche quando è andato in pensione. Ora infatti ricopre il ruolo di direttore generale e continua ad essere la  punta di diamante di Pepe e compagni a Palazzo Dogana.
Inoltre, Morlacco aggiungeva all’esperienza diretta nel Comune di Lucera una preparazione complessiva eccellente, che spesso è stata messa al servizio di pareri richiesti da altre amministrazioni e da tanti organismi operanti sul territorio dauno. Era quello il momento di riequilibrare i poteri all’interno della burocrazia comunale, anche per il carisma che Morlacco riscuoteva (e riscuote) da parte del personale. Così non è stato, per cui Lucera ha subito una doppia perdita: quella di aver perso al Comune un tecnico di valore ed esperto e, nello stesso tempo, un primo cittadino in grado di fare sintesi in chiave tecnica nella maniera professionale migliore. Senza dubbio abbiamo perso una buona occasione per mettere ordine e, soprattutto, per dare tranquillità al Comune. Ci lamentiamo che ci stanno togliendo ospedale, tribunale ecc.), il  tutto per emarginarci e costringerci a campare solo di ricordi.  Ma, anche noi ce la mettiamo tutta per farci male da soli. Stiamo finendo tutti nel porto delle nebbie, una fine che francamente nessuno poteva immaginare fino a qualche anno fa. Peccato!

Antonio Di Muro

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