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Lucera attraverso i suoi volti: 'Quei nomi di pietra'

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di Dionisio Morlacco

Senza esagerazione si riscopre il volto della vecchia Lucera attraverso la nuova fatica letteraria di Dionisio Morlacco dal titolo “Quei nomi di pietra”, edito da  Claudio Grenzi e supportato dalla qualificata ricerca iconografica e fotografica di Mario Carrozzino. E’ un viaggio emozionante all’interno della toponomastica lucerina, quasi a rifare il percorso delle varie tappe della storia locale, avendo come riferimento le figure più significative  di quel tempo. Va subito detto che si tratta di un lavoro bene articolato, corposo (375 pagg. euro 34), esauriente, il tutto nella direzione di fornire un quadro funzionale a riscrivere pagine nazionali e locali, portando in zumata le figure che di quelle pagine sono stati soggetti protagonisti. Non si tratta di un lavoro freddo nello schema di fondo, poiché tra le pagine affiora e riaffiora l’amore dell’autore per la ”sua” Lucera, a cui ha dedicato tante altre belle pagine, come quella della storia dei palazzi, che ora ben integra la visione d’assieme della presenza del patrimonio antico urbanistico ed architettonico e delle strade che in esso e per esso vivono. Non è stato facile mettere alla luce questa pubblicazione, perché il lavoro di ricerca, andando talvolta indietro nel tempo di secoli, ha comportato la consultazione di una notevole quantità di atti, vecchie pubblicazioni, testimonianze viventi in qualche modo possessori di elementi utili a dare freschezza e vivacità al lavoro. 
Senza dubbio la parte più suggestiva della pubblicazione diventa quella che prende in considerazione le strade del centro storico, all’interno del quale Morlacco si incunea con l’occhio dello studioso e con l’incanto di chi sa di doversi misurare con un passato di alto profilo storico, con un patrimonio urbanistico, architettonico e civico di tante generazioni. Non che altrove manchino elementi degni di considerazione, ma questi hanno una valenza più di prospettiva ed anche di preoccupazione per la logica con cui vengono  denominate alcune strade, che talvolta non hanno alcun elemento di merito che giustifichino iniziative del genere. Notevole è il contributo della fotografia, che non solo arricchisce  e rende più leggeri testi, ma soprattutto danno la sensazione di dare la parola ai soggetti ripresi e in qualche caso riproposti e rigenerati attraverso un prezioso lavoro di maquillage anche editoriale.
Ma, si sa, Mario Carrozzino in questo genere di lavoro è un artista. E’ fin troppo ovvio dire che la pubblicazione sulla toponomastica costituisce un elemento di preziosa consultazione per chi volesse conoscere la storia della città dal di dentro, prendendo in considerazione contributi di seria ricerca. Non è una pubblicazione di èlite, beninteso, dato che la sua impostazione ha pure un taglio popolare, utilizzabile cioè anche da parte di chi ha una conoscenza sommaria della città attraverso le indicazioni popolari. Difatti, Morlacco, molto opportunamente, richiama nei testi frasi, modi dire in dialetto e questo facilita la individuazione dei rioni e delle strade in essi presenti ( Via Ciaburri, “a strade l’ùrme; Via Mozzagrugno, “il rione “Sangiuvanne”; Via alle Mura, “sòpe i Mùre” ecc.) E per finire, va espresso un doveroso sentimento  di gratitudine a Dionisio Morlacco, il quale si inserisce senza alcun dubbio in quel novero di autori che hanno saputo tenere viva la grande tradizione storica e culturale di Lucera.

a.d.m.

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