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Parliamo di San Ciro e San Giovanni

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Il 31 gennaio ricorre la festa dei Santi Ciro e Giovanni, ma credo che pochi conoscano la storia della loro vita, dei loro miracoli e del loro martirio.
Ritengo, pertanto, che sia il caso di approfondire, anche se brevemente, la loro storia.
Ciro nacque ad Alessandria d’Egitto ove aveva sede una delle più celebri scuole di medicina in cui aveva studiato anche Galeno.
Sofronio racconta che Ciro era un valente medico che gestiva una specie di ambulatorio incorporato alla chiesa dei “Tre Fanciulli”., curando soprattutto i poveri. In quel tempo ad Alessandria erano molti diffusi astrologi, maghi ed indovini e l’Imperatore Diocleziano decise di perseguitare chiunque svolgesse attività “curative” non autorizzate, senza distinguere tra medici e maghi. Ciro, pertanto, fu costretto a lasciare la città ritirandosi in Arabia. Qui, nella solitudine, si dedicò ad una vita anacoretica di preghiera e penitenza, peraltro molto diffusa a quei tempi. Secondo la leggenda, Ciro divenne monaco solo dopo aver esercitato l’arte medica.
Ben presto, fu raggiunto da un ex soldato, di nome Giovanni, che aveva abbandonato la vita militare per le persecuzioni anticristiane. Nel frattempo, Diocleziano aveva ripreso le persecuzioni contro  cristiani che venivano incarcerati, torturati e condannati a morte. A queste notizie, Ciro e Giovanni, che per ben quattro s erano dedicati alla vita ascetica, lasciarono il proprio eremo e decisero di tornare ad Alessandria per sostenere i fratelli nella fede. Si fermarono a Canopo, un ventina di chilometri da Alessandria, per soccorrere una madre, Atanasia, e le sue tre figlie, Eudossia, Teodata e Teotiste, che erano state imprigionate in quanto cristiane. Furono, però, arrestati, torturati e decapitati insieme a coloro che avevano intenzione di soccorrere: era il 31 gennaio del 303.
A Menouthis, distante circa due miglia da Canopo, sorgeva un tempio dedicato alla dea Iside; distrutto il tempio, vi era stata edificata una chiesa in onore degli Evangelisti al fine di distruggere l’antico culto e spegnere i resti del paganesimo.
San Cirillo di Alessandria, allora, pensò di fondarvi un santuario, in onore de ss. Ciro e Giovanni, traslandovi le reliquie.  La chiesa, nel VI, a causa delle guarigioni che vi avvenivano, acquistò notevole importanza, divenendo uno dei più celebri santuari del mondo orientale. Sempre secondo testimonianze incerte, i santi, durante la notte, indicavano, agli ammalati distesi sul pavimento della loro basilica, i rimedi per i loro malanni; agli eretici non venivano concesse grazie se non dopo essere ritornati alla Chiesa cattolica. Il dato che San Ciro  appaia la notte per indicare ai malati la via da seguire per la guarigione, mi viene, anche dalla testimonianza di una persona assai stimata, ora defunta. Costui, narrava di avere un figlio affetto da alte febbri resistenti ad ogni cura. Una notte, era il 30 di gennaio, sognò un monaco che lo tranquillizzò sullo stato di salute del figlio, gli disse di avere fede, e lo invitò a portargli un cero. Questa persona, che non era di Lucera, il giorno successivo si informò se in città ci fosse una chiesa ove si venerasse il santo. Avutone conferma, si recò in chiesa, portò ed accese un cero, restando per un po’ in preghiera. Al ritorno a casa, trovò il figlio sfebbrato ed in piedi.
Nel VII sec., Sofronio di Gerusalemme. Amico di Giovanni l’Elemosiniere, grato ai due santi per una guarigione agli occhi ottenuta per loro intercessione, fece una raccolta di settanta miracoli operati presso il loro sepolcro di Menouthis.
A seguito dell’invasione araba e della distruzione del santuario, le reliquie furono trasportate a Roma e deposte in una chiesetta sulla via Portuense che, per una serie di trasformazioni linguistiche, da San Ciro divenne Abbaciro (abate Ciro) e per il popolo Santa Passera, meta di pellegrinaggi durante il Medioevo.
Ma come si è diffuso il culto nell’Italia Meridionale?
Ciro e Giovanni erano già venerati a Napoli da gruppi di origine egiziana presenti in città. Verso il 1665 giunse a Napoli, nella residenza dei gesuiti, Francesco de Geronimo, che con la sua predicazione rinforzò il culto dei due santi martiri. Tra l’altro, aveva chiuso alcune reliquie in un teca e con questa benediceva gli ammalati; le numerose guarigioni contribuirono a diffondere ancor più il culto a Napoli e nelle regioni meridionali.
Il 20 aprile 1665, poi, Papa Alessandro VII donò al Marchese Girolamo Pilo la reliquia del teschio del Santo che fu allocata nella chiesa di Merineo (Palermo) di cui è il patrono. 

Nando Carrescia

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