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Storia delle tradizioni popolari, lo studio della cultura popolare

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I fratelli Grimm Cappuccetto Rosso

Sino ad oggi abbiamo parlato di  Miti, Riti, Leggende, Fiabe, Favole, per giungere, come ci eravamo prefissati, a disquisire sulla Storia delle Tradizioni Popolari. Qualche lettore, forse, obietterà che sarebbe stato preferibile partire da questo argomento per poter, poi, trattare dei Riti, Miti, delle Leggende, delle Fiabe, delle Favole. Personalmente, però, ritengo che aver assimilato  i predetti argomenti, ci farà più facilmente  comprendere come nasce e si sviluppa la Storia delle Tradizioni Popolari che è la denominazione ufficiale usata, in Italia, per indicare lo studio della cultura popolare.
Il desiderio di interrogarsi sulle proprie tradizioni nasce, in Germania, intorno ai primi anni dell’Ottocento, periodo i cui si delinea il concetto di “popolo”, attraverso l’identificazione di un Unterschicht, “strato inferiore” o il volgo, in opposizione ad un Oberschicht, “strato superiore” o l’elite. Negli stessi anni, anche in Inghilterra, il volgo (folk) viene identificato con quella fascia della popolazione che conserva i costumi degli antichi, i contadini. Si tratta di un importante passo avanti nella differenziazione di culture esistenti entro le stesse nazioni europee: le usanze, le concezioni del volgo, bollate, da secoli, come “consuetudines non laudabiles”, ossia superstizioni e residui di paganesimo da condannare, divengono oggetto di interesse storico. Successivamente, nella seconda metà dell’Ottocento, l’interesse per le tradizioni popolari riceve un forte impulso grazie alle esaltazioni romantiche del popolo, inteso come “anima” della nazione, spontaneo e genuino in opposizione alla artificiosità della cultura ufficiale.
Gli studi, in questo periodo, si concentrano sulla Tradizione Orale, patrimonio di racconti, leggende, canti, proverbi, non stabilito dalla Scrittura e tramandato da una generazione all’atra, di cui si vanno a ricercare le antiche origini. 
Le prime ipotesi, in tal senso, sono quelle dei fratelli J, e W. Grimm, Muller che considerano le fiabe tradizionali dell’Europa settentrionale come i resti di una antica Mitologia decaduta. Di diverso avviso la tesi di Benfey, che nel 1859 considerava le  leggende europee come il risultato di un processo di diffusione di antichi racconti indiani, e quella di Lang  che ritiene le fiabe europee sopravvivenza dei miti elaborati dai popoli europei in una fase di “infanzia animistica”.
In Italia, gli studi sui fatti popolari si sviluppano n ritardo rispetto agli altri paesi europei, limitandosi, sino alla fine del XIX secolo al campo della Poesia Popolare (da ricordare Camparetti, De Gubernatis). Pitrè è il primo studioso che concepisce come una disciplina autonoma lo studio delle tradizioni popolari  che definisce demopsicologia e che diffonde, in Italia, gli studi europei in campo folklorico. Egli è, d’altro canto, l’autore della Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane.
All’inizio del Novecento, in Europa, si consolidano, nel campo delle tradizioni popolari, posizioni teoriche diverse:  dal  metodo storico-geografico della scuola finnica di Aarne alla geografia folklorica di Pidal o all’analisi funzionale delle fiabe di Propp condotta in una prospettiva vicina allo Strutturalismo (1928). Negli stessi anni ed a seguire, si sviluppa il “folklore sociologico” di Van Gennep (1924, 1937/1938).
Tra le due guerre, il panorama culturale italiano è dominato dallo storicismo idealistico di Benedetto Croce che muove una serrata critica agli indirizzi antropologici e folklorici sviluppatisi in Europa ( Evoluzionismo, Diffuzionismo, Funzionalismo) ed alle posizioni romantico-positivistiche di Pitrè.
Nel 1957, Pettazzoni opera una connessione tra lo storicismo italiano e le scuole di Storia delle Religioni europee, contribuendo agli sviluppi metodologici nell’ambito degli studi storico-religiosi italiani.
Dopo il 1950, si intensifica tutta l’attività demo-etno-antropologica italiana: le ricerche di De Martino, la pubblicazione delle  Osservazioni sul Folklore di Gramsci, l’esplicitazione  dei nessi fra dati folklorici e realtà socioeconomiche di Lombardi Satriani, i lavori  Puccini, Lanternari, Cirese, hanno consentito agli studi sulle tradizioni popolari o sul folklore di entrare nel circuito del sapere antropologico universale. 

Nando Carrescia
 
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