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La fiaba, racconto fantastico legato a credenze e superstizioni popolari

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Come preannunciato, il presente intervento verterà sulla Fiaba.
Nonostante alcuni elementi in comune, la fiaba si differenzia dalla favola per il suo carattere di racconto fantastico legato a credenze e superstizioni popolari. E’ da notare, inoltre, che mentre le letterature orientali posseggono raccolte originali di fiabe antichissime come il Panciatrantra indiano o le più recenti Mille ed una notte arabe, nelle letterature greca e latina la fiaba appare solo episodicamente e, per lo più, si identifica  con racconti di origine e significato religiosi.
Caratteristica della fiaba, nel mondo europeo, fu la lunga trasmissione orale che consentì, col mutare dei tempi e dei luoghi, trasformazioni molto notevoli del medesimo soggetto.
In generale, possiamo definire la fiaba come un racconto di una certa lunghezza, costituito da una successione di motivi  o di episodi facilmente distinguibili, che si muove in un mondo irreale popolato da personaggi fantastici e dai poteri straordinari, dove manca una precisa definizione dei luoghi, delle epoche e dei personaggi.
All’interno delle tradizioni orali di ciascun popolo esiste una continuità tra i diversi generi che rende particolarmente difficoltoso operare distinzioni nette: la fiaba, spesso e quasi impercettibilmente, scivola  verso la Leggenda, il Mito, o il racconto storico. Se alcune culture sviluppano proprie categorie di differenziazione tra i diversi generi, questo riguarda, generalmente, i contenuti delle narrazioni piuttosto che la forma; inoltre, il fatto stesso di essere trasmessa oralmente inserisce la fiaba all’interno di un repertorio di conoscenze tradizionali, che vengono narrate in determinate occasioni ed in particolari contesti sociali.
La fiaba si mostra particolarmente resistente  al cambiamento: i motivi e gli episodi possono essere variamente collocati e ricombinati nei modi più vari, restando, tuttavia, sostanzialmente invariati.  Ed ancora, gli stessi tipi di fiabe si ritrovano nei contesti culturali più diversi e lontani, generando una sorta di enigma antropologico cui si è cercato, in vari modi, di dare una risposta.
Vladimir Propp, uno dei più celebri studiosi, ha individuato, alla base di tutte le fiabe di Magia, una identica struttura narrativa: mentre  i personaggi od i contenuti possono variare, gli elementi di base, le funzioni rimangono costanti. Motivo per cui, alla fine, tutte le varianti esistenti di fiabe  di magia possono essere interpretate come variazioni e trasformazioni di una unica configurazione strutturale. Propp, infine, ha indagato sulla possibilità che i racconti fiabeschi rivelino una considerevole antichità e siano riconducibili a rituali e costumi magico-religiosi di età preistoriche.
In Italia, una cospicua raccolta di fiabe si ebbe , nel XVI secolo,  con le Piacevoli notti di Giovan Francesco Straparola e, più tardi, con Gianbattista Basile che raccolse fiabe popolari nel Cunto de li Cunti. La più fortunata raccolta, però, si ebbe in Francia con i Racconti di mia madre l’Oca di Charles Perrault (1697).
Ma l’interesse non più di natura estetica, ma bensì storica ed erudita per le fiabe, si manifesto soltanto con il Romanticismo: i fratelli Jakob  e Wilhelm Grimm ci diedero, al principio del XIX secolo, la loro fondamentale raccolta cui seguirono le Fiabe di Andersen, le Antiche fiabe russe di Aleksandr Nikolaevic Afanas’ev. In tempi recenti, Italo Calvino ci ha dato la bella raccolta di Fiabe italiane.
Un fenomeno a parte è costituito dalla Fiaba drammatica. Come spettacolo fantastico essa è già  presente nel teatro di Shakespeare (Sogno di una notte di mezza estate), ma fu con le Fiabe di Giancarlo Gozzi, composte per dimostrare l’illegittimità  del realismo goldoniano, che questo genere teatrale si impose. In realtà, le Fiabe di Gozzi erano legate al repertorio della commedia dell’arte ed ispirate dal piacere di una satira di costume, ma i romantici tedeschi e francesi vollero ravvisare in esse una libera e geniale manifestazione di fantasia e le elessero a loro modelli.

Nando Carrescia

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