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San Francesco Antonio Fasani, il Padre Maestro torna ad occupare la sua cella

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Statua di San Francesco Antonio Fasani La rivista del 1997 L'articolo del 1997

Ritorna nella disponibilità dei confratelli conventuali

Il Padre Maestro si riprende la sua celletta che sinora era nella disponibilità delle locali carceri. Grazie all’attuale rettore del santuario, Padre Giovanni Iasi, è stato possibile sbloccare una situazione nella quale la burocrazia italiana ha fatto, al solito,  la parte del leone. Difatti, per “liberare” la stanzetta dove visse San Francesco Antonio Fasani si sono dovuti superare le formalità incrociate di diversi dicasteri, insieme all’obiettiva difficoltà di lasciare impregiudicata la sicurezza della casa di pena, una volta  ceduto quella parte che fa proprio da confine tra convento e carcere stesso.  Quella della restituzione della cella del Padre Maestro è una storia lunga, che ha visto scendere sul campo diversi illustri personaggi lucerini, a cominciare dall’allora segretario Generale della Presidenza della Repubblica, dottor Gaetano Gifuni, e per finire al Procuratore Capo di Bologna del tempo, dottor Vittorio La Cava.
 Non meno importante è stato il contributo dato proprio dalla rivista del santuario, “Il Padre Maestro”, che, soprattutto sotto la direzione di Padre Francesco Otello, tenne alta la tensione e l’attenzione per questo problema. Infatti,  già nel numero 3 del 1997, il periodico riuscì a dare in assoluta anteprima  la notizia (il titolo “La cella del Padre Maestro torna al convento e alla città) dell’avvenuta formalizzazione delle intese a livello interministeriale, intese rese possibili grazie soprattutto all’intervento del dottor La Cava, in quel momento consulente esterno del Ministero di Grazia e Giustizia. Fu energico anche l’intervento dell’allora Sindaco Domenico Bonghi, che non fece mancare di far sentire la sua voce presso le sedi ministeriali competenti. Ovviamente, come sempre accade in Italia, dalla parte formale degli atti alla fase esecutiva occorre il tempo defaticante che solo la burocrazia è in grado di determinare.
Certamente, è una bella notizia che alza il segnale di attenzione verso la figura del Padre Maestro e corona  il grande lavoro messo in campo dai frati conventuali per il conseguimento di questo risultato. E’ forse la chicca che ci voleva per l’anno fasaniano, per il quale si sta lavorando intensamente, con determinazione e col proposito dichiarato di coinvolgere il maggior numero possibile di figure istituzionali religiose e civili, oltreché, si capisce, di fedeli. Già, perché qui si tratta di riprendere, di riscoprire, di rivitalizzare lo spirito del momento della canonizzazione, che  sembra essersi affievolito nel corso degli anni.  Certo, di per sé la disponibilità della cella non è un elemento trainante per rituffarsi sull’attualità e sulla validità della testimonianza del Santo lucerino, ma certamente è una occasione che può indurre ad approfondire le riflessioni sui luoghi scarni e poveri del Padre Maestro, il cui modello di vita si ispira alla più assoluta povertà.
 Il riappropriarsi della cella è anche un  riprendersi la dignità di questi luoghi, che leggi discutibili dello Stato del tempo (soppressione degli Ordini monastici) avevano sottratto ai proprietari e al culto del popolo cristiano. Era paradossale che questo luogo venisse destinato a spogliatoio del carcere, come è avvenuto per qualche tempo. Sembrava davvero uno sfregio a tutto il fervore devozionale dei figli spirituali del Padre Maestro, per i quali respirare l’aria di quella cella può rappresentare una occasione di ricarica spirituale. Ma, questa è storia vecchia, per cui è inutile rispolverarla. Quello che conta è il risultato finale, come si dice nello sport, risultato  che non sarebbe stato possibile conseguire se non ci fosse stata l’azione determinata, caparbia, responsabile di quanti si sono succeduti alla guida del convento. Dunque, lode, lode a queste figure, le quali, in qualche maniera, hanno anche riscattato il valore spirituale e morale della povera abitazione del Santo lucerino.


         A.d.M.

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