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Andrea Pazienza: Uno ogni sacco d'anni

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Mostra-spettacolo di Gino Nardella all'ODA Teatro

Peschici, aprile 1975. Due curiosi personaggi, matricole univesitarie al DAMS di Bologna, si aggirano tra le strade dell'antico borgo garganico di Peschici, armati uno di una Canon, l'altro di una Pentax, uno di obiettivo 50mm, l'altro 125mm, entrambi con i mitici rullini bianco e nero Ilford 100 ISO.
Ma chi sono, nella primavera di quel "caldo" 1975, Pazienza Andrea e Nardella Gino? Due studenti del DAMS di Bologna alle prese con l'esame di Tecniche della Fotografia, che scelgono la vicina e familiare Peschici come soggetto dei loro scatti.
Una serie di scatti a tema, un metro da muratore onnipresente nelle immagini in cui Gino Nardella coglie un Pazienza diciannovenne, giovanissimo nei lineamenti e nella rada barba, ma già riconoscibile negli atteggiamenti che trasporrà in tanta parte della sua produzione artistica. E non ci è sfuggita l'affinità tra il giovane Andrea, che corre saltellando per le strade di Peschici, e il suo personaggio, Massimo Zanardi, che altrettanto farà, di lì a qualche anno, per le strade di Bologna. E che affinità, ragazzi! Andrea che corre, a mezzo metro da terra con gambe longilinee da fenicottero, ricorda pari pari Zanardi che, in "Giallo Scolastico", ha appena fregato una Polaroid in un negozio.
Lo scenario di una Peschici ancora immune dal turismo selvaggio e dalla speculazione edilizia, naturale e quasi deserta dalle orde dei turisti, sembra la migliore spalla per un Pazienza che si aggira, ironico ma rispettoso, metafisico e curioso, per le strade bianche e tortuose del borgo vecchio, a cercare la "misura del mondo" tra bambini che giocano e anziani che sorridono compiaciuti, nelle orecchie di un mulo e nella sfida a un gatto nero, nella lapide ai caduti in guerra e nel mistero di una croce, fino alla profondità dell'Adriatico che nasconde e delinea l'amato Gargano, "terra dura e pericolosa, bella e cattiva come il mare", una terra in cui ad Andrea capitava sovente di incantarsi e creare.
Ed a questo genio è dedicata la mostra-spettacolo di Gino Nardella, attore e cabarettista, scrittore ironico e beffardo, autore radiotelevisivo e scrittore di satira, uno di quelli che Andrea Pazienza considerava amici, uno di quella schiera di mirabili prodotti di questa nostra povera terra di cui ci si può non vergognare.
Lui, come Enzo Verrengia, Enrico Fraccacreta, Michele Trecca, Vanni Natola, amici, complici e ispiratori di personaggi e di atmosfere nell'arte di Andrea Pazienza, un'arte che ha superato l'improvvisa scomparsa nel 1988 dell'artista di San Severo, proiettandosi come un'opera sempre più attuale e apprezzata dalle generazioni giovani e giovanissime che stanno scoprendo il geniale Paz.
Così Gino Nardella accompagna i 50 scatti che vedono la luce nel foyer dell'ODA Teatro di Foggia, e li accompagna in modo sapiente, al contempo delicato e dissacrante, facendo percepire al pubblico la presenza dell'amico artista, lì in mezzo alla platea, risvegliando emozioni forti e ricordi sopiti nella memoria dei tanti che Andrea Pazienza lo portano nel cuore.
Lo spettacolo si apre e si chiude con la proiezione delle tavole di Pazienza: "Detective Mama", una prospettiva ironica e originale sulla questione della droga, confezionata alla maniera di vademecum per le mamme investigatrici; e "Tra-s", un'impietosa finestra sulla disoccupazione, vista attraverso l'esperienza di un giovane di San Giorgio a Cremano.
Francesco Gravino, fotografo e amico di Gino Nardella, ha curato il restauro fotografico delle immagini in bianco e nero che compongono la mostra, immagini che sono raccolte, assieme a scritti e ricordi di Gino Nardella, nel piacevole testo "Uno ogni sacco d'anni", un titolo che sottolinea in maniera definitiva e lapidaria la rarità di geniacci come Andrea Pazienza.


(Sergio Proculo)

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