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Se il Nord non va al Sud, il Sud va a Nord




L’angolo di Antonio Di Muro
 
Se il Nord non va al Sud, il Sud va al Nord. Sembra la dolce, incredibile  favola raccontata ai bimbi nell’ora di ricreazione. Ed, invece, è accaduto sorprendentemente proprio questo,  nel senso che questa volta sono stati quelli del Sud a dare lezioni di economia globalizzata, anzi nazionale e per di più proprio nella tana dei mangia meridionali, a Milano, nel corso della presentazione del cosiddetto “manifesto meridionalista”. Si tratta di una iniziativa congiunta di ventuno istituzioni meridionali - ed è la prima volta -  che hanno elaborato un documento  attraverso quale si sono fatte portavoce di alcune soluzioni che mirano ad una possibile e urgente integrazione delle economia del Nord con quella del Sud, specie ora che la crisi generalizzata non risparmia alcuna area del Paese.  Il seminario si è tenuto in quella che è stata la storica sede dell’ex Montedison, all’insegna del tema: ” Italia Mezzogiorno d’Europa”.  C’è stata unanimità di intenti,  poiché tutti sono stati d’accordo nel sostenere che dalla crisi si esce tutti insieme o con un solo funerale a due.  Da sottolineare che nel dibattito sono stati proprio gli economisti settentrionali a ricordare che non è col costante arretramento del Sud che il Nord può aspirare a riprendersi le vecchie posizioni di benessere, di sviluppo, con la riconquista del ruolo trainante nel quadro nazionale.
 E’ inimmaginabile che il Nord diventi benestante importando la povertà del Sud, posto che non vi può essere una dicotomia tra le economie delle due aree del Paese. L’illusione  leghista o neoborbonica, basata sull’assunto che nel nostro Paese si possa ragionare a compartimenti stagno, resta fuori dalla realtà, come ben sanno gli stessi Bossi e compagni quando sono stati chiamati alla responsabilità della gestione nazionale dell’economia, attraverso il loro potente ministro Giulio Tremonti. Il legame tra Sud e lo sviluppo economico e civile dell’Italia è diventato ancor più stringente oggi che di Mezzogiorno si parla di meno. Tutto il Paese è diventato Mezzogiorno d’Europa e deve essere necessariamente inserito in questo contesto internazionale. Si vanno ormai abbattendo muri e tabù che in qualche maniera hanno giustificato il comportamento parassitario della nostra classe politica meridionale nei decenni scorsi. Insomma, il seminario ha rappresentato un bel passo in avanti e per di più fatto in casa del nemico. Certo una manifestazione del genere non può fare miracoli. Però, può servire a dare buona accelerazione a quei tentativi minoritari che tentato di spostare l’ago della bilancia e di considerare il Sud non più forza zavorra, bensì indispensabile per la crescita complessiva dell’Italia.  Specie se lo stesso Sud si da una mossa!

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