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La festa di Ognissanti ed il Capodanno Celtico




Cristo disse ad Andrea e Filippo:
“In verità, in verità vi  dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve il Padre lo onorerà”.
                                                                                    (Giovanni 12-24,26)

Forse sorgerà spontanea la domanda: “Perché questa citazione?”, “Come si ricollega al titolo?”.  Le risposte si avranno dopo una attenta lettura del testo.

Il 1° novembre è lo spartiacque fra un anno agricolo e l’altro. Finita la stagione dei frutti, la terra, che ha accolto i semi del frumento destinati a rinascere in primavera, entra in letargo.
Un vecchio proverbio recita:
“Per Ognissanti siano i grani seminati ed i frutti rincasati”.
Per i cristiani si celebrano, in questi giorni, due feste importanti: Ognissanti e la Commemorazione dei defunti. Ma un tempo, nelle terre abitate dai Celti, questo periodo di passaggio era considerato un Capodanno: lo si chiamava in Irlanda Samain ed era preceduto dalla notte conosciuta, ancora oggi in Scozia, come Nos Galan-gaeaf (notte delle calende d’inverno), durante la quale i morti entravano in comunione con i vivi. Dell’antico Capodanno celtico sono sopravvissuti, fino ad oggi, proverbi ed usanze: la più celebre, fra queste ultime, è la cosiddetta notte di Halloween, fra il 31 ottobre ed il 1° novembre. In questa notte, i ragazzi si mascherano da scheletri e fantasmi, mimando il ritorno dei morti sulla terra e girano di casa in casa chiedendo piccoli tributi minacciando, se non li ottengono, di giocare qualche brutto scherzo.
Samain, per i Celti, era una grande festa, così come lo erano quelle solstiziali di Capodanno per i Romani.  Questa festa, era ancora celebrata agli inizi del Medioevo e, per cristianizzarla, l’episcopato franco istituì, al 1° novembre, la festa di Ognissanti, alla cui diffusione contribuì Alcuino, autorevole consigliere di Carlo Magno. Ludovico il Pio, poi, la estese a tutto il regno franco. In tutto l’Occidente, però, tale festività fu resa obbligatoria, dal papa Sisto IV, solo nel 1475.
Bisogna chiarire, però, che la tradizione di festeggiare tutti i santi, anche quelli ignoti,non è nata in Francia. Infatti, sin dalla metà del II secolo, in Oriente e del III in Occidente, la Chiesa festeggiava, ogni anno, l’anniversario del dies natalis di ogni martire, ossia il giorno della sua rinascita in cielo che coincideva con la data della sua morte.
L’usanza di celebrare ogni martire nel suo dies natalis, indusse le Chiese locali a compilare un elenco con la data della morte ed il luogo della deposizione del corpo; nacquero, così, i primi abbozzi dei calendari cristiani e dei martirologi. La prima depositio martyrum pervenutaci è contenuta nel Cronografo Filocaliano (354), così denominato in quanto composto da Furio Dionigi Filocalo. Se ne riporta, di seguito, un  esempio:

                                                        Mense Ianuario (mese di Gennaio)
“(20 gennaio) VIII Kal: feb. Fagiani in Calisti et Sebastiani in Catacumbas”, e così di seguito.

A questo testo seguirono, poi, altri  come quelli di Beda il Venerabile, monaco inglese,  quello di Usuardo di Saint Germani (865), fino a quello di Benedetto XIV del 1748.
Il 1° novembre che celebra la morte di tutti i santi come giorno della loro “nascita”,della loro vittoria, dell’assunzione al cielo, ha cristianizzato il Capodanno celtico non contraddicendone lo spirito in quanto, se si paragonano i santi ai chicchi di grano. scesi nella stagione autunnale nella terra per rinascere come piante in primavera, si possono comprendere meglio le parole della citazione in epigrafe.

Nando Carrescia

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