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La favola, una dimostrazione delle verità di ordine etico




Ben precisa è la distinzione tra  la Fiaba, di cui abbiamo già parlato, e la  Favola, mentre non è del tutto  chiara la differenza tra quest’ultima è l’Apologo, essendo propri, dell’una e dell’altro, gli intendimenti morali. Tuttavia, è peculiare della favola la tendenza  a trattare i suoi soggetti con minore preoccupazione di dimostrare delle verità di ordine etico.
Esopo è stato sempre considerato il primo autore di favole e, certamente, le cosiddette favole esopiche furono il primo modelle del genere; scritte in prosa, con la morale introdotta dalla formula “ la Favola dimostra che  che……”, le favole esopiche vennero, in buona parte, ridotte in versi da Babria nel  II secolo d.C..  In realtà, anche prima di Babria, la favola in versi aveva già riscosso fortuna nella letteratura latina. Orazio le introdusse nelle Satire ( I due topi) e nelle Epistole (La volpe entrata nel granaio). Ma il favolista di gusto raffinato, nella letteratura latina, fu Fedro che fu di modello ai favolisti moderni. L’opera di questo autore non fu conosciuta direttamente nel medioevo, ma la materia venne accolta per via indiretta, in quanto, con vari titoli (Romulus, Isopus) si diffusero, in latino ed in volgare, le favole antiche. Dalla favola di tipo esopico, che ha per lo più quali personaggi animali in cui sono incarnati vizi e virtù umani, gli uomini del medioevo furono attratti non solo per i significati morali ma, anche, per ciò che suggeriva alla loro fantasia  quell’epopea degli animali che, nel suo insieme, la favolistica andava rappresentando.
Un originale risultato della fortuna che la favola godette, sia per gli elementi pittoreschi e fantastici sia per i significati morali, è rilevabile nel Roman de Renart.
Ma la passione per le favole si manifestò anche nella ricerca delle raccolte orientali. Nel XIII secolo, Giovanni de Capua realizzò un compendio latino del Panciatranta che intitolò Directorium humanae vitae , alias parabolae antiquorum sapientiae.   Tradotto anche in castigliano, il Directorium, poi, ebbe due rifacimenti anche in Italia: Prima veste dei discorsi degli animali  del Fiorenzuola  e la Moral Filosofia di Doni che, unitamente alle amare favole introdotte dall’Ariosto nelle sue Satire, rappresentano le sole prove del genere favolistica nella letteratura del Rinascimento.    
Anche in età barocca, gli scrittori italiani non furono attratti dalla favola; in Francia, invece, furono numerose le traduzioni ed i rifacimenti di favole esotiche. Il più geniale favolista di ogni tempo fu La Fontane che diede alle stampe tre raccolte di Favole che, nell’insieme, costituiscono dodici libri.
Per merito di La Fontane, la favola, nel XVIII sec., ebbe di nuovo un grande successo; in quell’epoca, anche in Italia, essa venne coltivata con impegno ed ebbe felici risultati; tra gli autori: Roberti, Crudeli, Gozzi,Perego, Gritti. In realtà, il Settecento fu l’ultima stagione felice per i favolisti italiani, anche se, nel Novecento, non sono mancati scrittori, quali Trilussa, Pancrazi, che hanno coltivato con intelligenza questo genere. 

Nando Carrescia

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