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Giro d’Italia: Pedala, pedala, a Lucera arriverai - Intervista a Pietro Del Grosso


Una veduta aerea di Lucera


Studio9tv ha contattato ed intervistato il lucerino Pietro Del
Grosso, Presidente del Comitato Tappa, che ha organizzato assieme al
Comune di Lucera l'11^ tappa del 93° Giro d'Italia. Costantino Montuori
ha posto una serie di domande con cui il Presidente di Tappa ha
risposto illustrando sia gli aspetti agonistici e tecnici di ciò che il
19 maggio p.v. vivremo a Lucera grazie alla partenza della carovana
rosa, sia gli aspetti legati alla grande occasione d'immagine e di
visibilità che Lucera potrà godere tramite le 122 emittenti televisive
nazionali ed internazionali che saranno collegate per riprendere e
commentare in diretta il grande evento.

GUARDA L'INTERVISTA A PIETRO DEL GROSSO

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Pasquale Zolla - In occasione della tappa del cuore Lucera-L’Aquila un invito a quanti si porteranno nella nostra Città a meglio conoscerla sia sotto il profilo storico-culturale che quello gastronomico.
Lucera: un week-end tra Arte, cucina e aria pura.
Di origini antichissime sorge su tre colline a circa 230 m s.l.m. che, anticamente, erano coperte da boschi. Furono proprio questi a derivarle il nome dall’etrusco Lukeri “bosco sacro” (luk “bosco” eri “sacro”).
Molti scrittori e poeti latini e greci cercarono di spiegare il Suo nome a seconda dei personaggi e delle attività da cui venne attraversata: da Lucero, re etrusco a Leuceria, figlia mai esistita dell’eroe greco Diomede che qui vi pose il pallio trafugato a Pietramontecorvino; dal greco leuka eria, per la rinomata lana bianca delle sue greggi e per i suoi pascoli, a lykos, lupo, effigie sotto la quale era venerato Apollo; e tanti altri ancora.
Situata al centro del Tavoliere delle Puglie, alla confluenza delle valli molisane e campane, fu capoluogo della Capitanata e del Contado del Molise fino al 1806, fu detta “Chiave” o “Sentinella” delle Puglie per la sua posizione strategica nel territorio.
Della sua antica storia ne parlano i tanti monumenti che, giustamente, Le hanno insignito del titolo di “Città d’Arte”: l’Anfiteatro Romano; le Terme Romane; la Fortezza svevo-angioina, con il Palatium diroccato di Federico II; la Cattedrale (1300) ricca di opere come il battistero, coro ligneo, dipinti, affreschi e l’altare maggiore, ex mensa di Federico II in Castel Fiorentino; le coeve Chiese di San Domenico, (ricca di tele e affreschi e coro ligneo) e di San Francesco, ove riposa il Santo locale Francesco Antonio Fasani, con affreschi di notevole portata artistica;  la barocca Chiesa del Carmine e quella di S. Antonio Abate con la cupola saracena; i musei Civico (storico) e diocesano (religioso); le Chiese (ex conventi) di Santa Caterina, Sacramentine, S. Anna (oggi ospita l’ospizio per gli anziani), San Leonardo (abitato da suore), della Pietà (con altari in stile barocco e un coro ligneo di pregevole valore artistico), Convitto Nazionale, San Pasquale (ristrutturato per ospitare la ricchissima biblioteca comunale con tomi originali antichissimi); le Torre Saracene di Via Zunica e di Vico Sabatino; il Teatro Garibaldi (1837), ristrutturato, è una bomboniera artistica e decorativa, gemello in miniatura del Petruzelli di Bari; la Via più stretta d’Italia, famosa con il nome di Stretta Ciacianella.
In località Fontenelle, sulla strada per Troia, si può ammirare la secolare quercia di Santa Justa, sotto cui venivano giustiziati i malfattori al tempo di Manfredi.
E poi, e non sono da meno, i maccheroni, pasta tradizionale di origini antichissime: troccoli, cicatelli, taccozze, paccheri, lagane e altri, oggi riprodotti artigianalmente dal Pastificio Federico II e che si possono gustare nei diversi ristoranti locali, come il Cortiletto, accompagnati dal buon vino locale doc “u Cacc’è mmitt”.
Scriveva Giuseppe Ungaretti nel lontano 1934: Quando ti apparirà l’arco ogivale di Porta Troia e vedrai in un volgersi immenso di solitudine Lucera, dal chiarore infinito del grano, balzata sui suoi tre poggi, potrà succederti che alcuni fra i più avventurosi fantasmi della storia vengano a mettersi allato.
Un week-end a Lucera ti porterà ancora oggi e rivivere di quel passato, di cui le mura ti parleranno mentre passeggerai tra le sue strade, e ti faranno ritrovare quei gusti e sapori genuini che la buona cucina locale sa far scaturire dai prodotti di questa terra di Capitanata.

Pasquale Zolla

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Sul "Giro d'Italia", il poeta Pasquale Zolla ha dedicato anche una poesia dialettale.

Lucére: Pajése d’Arte è dde móre

Si nd’u passate nu tuffe vuje fà
a Llucére kakkè jurne hè passà
pekkè òdelà de l’òbbr’avezate
d’è mane de l’ummene (Chjìsagranne,
Kastille, Mbetjatre, tande p’èsèmbje!)
pure pajesagge bèll’assaje puje
vedè (d’è ‘rezzunne mbesate sòpe
a kambaggne verdèsske, è duce
kuppucèlle ke viggne, vulevéte
è urte) è ‘na menire ssapurà
de móre ka fóre vènene d’ò maggnà
k’a kucine lukale sape dà.
Nu deskurze a pparte meretèjene
i makkarune, paste tradezzjunale
de ‘ndike jenìje, pekkè ‘ddekrjà
a ffart’arrjèsscene u palatane.
Trucchjele, laghene, cekatille,
takkunne, pakkune è felatille
de stu Pajése sònn’ammassciature
ka ‘na lènghe d’ammòre ciuciunjèjene.
Maggnele ke nu rikke russce rragù
è a’ vite n’n’addummannarraje de cchjù.
Si pròbbete venì ne nge puj’a kkuà
sta paste ‘a puje a kasa tuje maggnà
pekkè nu pastefeficeje ce stace
(Federike Sekònn’u nnòme suj’éje!)
ka angóre ògge k’ammòr’i face
kum’è massare de tanda timbe fà!
 
Lucera: Città d’Arte e di sapori

Se nel passato un tuffo vuoi fare
a Lucera qualche giorno devi trascorrere
perché oltre alle opere edificate
dalle mani degli uomini (Cattedrale,
Castello, Anfiteatro, tanto per esempio!)
anche paesaggi splendidi puoi
ammirare (dagli orizzonti sospesi sulla
campagna verdeggiante, alle dolci
colline con vigneti, uliveti
e orti) e una miniera assaggiare
di sapori che vengono fuori dal cibo
che la cucina locale sa dare.
Un discorso a parte meritano
i maccheroni, pasta tradizionale
di origini antiche, perché a deliziare
riescono a farti il palato.
Troccoli, lagane, cicatelli,
taccozze, maltagliati e spaghetti
sono gli ambasciatori di questa Città
che sussurrano un linguaggio d’amore.
Mangiali con un ricco e rosso ragù
e alla vita non chiederai di più.
Se proprio qui non puoi venire
questa pasta puoi mangiarla a casa tua
perché c’è un pastificio
(Federico II è il suo nome!)
che ancora oggi con amore li produce
come le massaie dei tempi andati!
 
Pasquale Zolla

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