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'L'uomo': poesia, parafrasi e commento di Danilo Vetusta

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Muoveva incerto i suoi passi quel bimbo,
scoprendo i nuovi di un mondo ormai vecchio.
Lo sguardo materno dall'ombra sorveglia,
l'infante sapiente che goffo sembrava nel semplice atto.
Le gambe d'un tratto non più ressen lo sforzo
e cadendo quel bombo rimase spaurito.
Freddo calore di morale foriero,
al seno materno cingeva il bambino.
Il mondo acquistava misure ridotte,
non appena il ragazzo gli occhi dischiuse.
Di matura coscienza la mente or'è colma,
dell'ignaro senil che corre di fretta.
Bianco il crine sul duro cuscino,
di giorno ornamento del dolce giaciglio.
Dorme in eterno per mesto sospiro,
con se anche il ricordo di un goffo bambino.
 
L'uomo è uno spaccato topico del genere umano, un sunto della vita di ogni singolo essere che calca questa terra meravigliosa e che prende in esame il senso forse principale dell'essere: la conoscenza.
Il bambino si trova a muovere i suoi primi passi. Quando si è in tenera età, proprio come gli animali fanno, la prima cosa che ci viene insegnata è quella di reggerci in piedi, di camminare, al fine di poter cercare sostentamento e vivere nel pieno senso della parola. Un bimbo incerto in questa semplice azione che noi consideriamo ormai di ordinaria amministrazione e alla quale non diamo alcun peso ne attenzione. Imparando a muovere i passi, la nuova creatura umana inizia a guardarsi intorno ricolmo della tipica curiosità di chi viene al mondo e non sa nulla. Egli scopre per la prima volta ciò che del mondo è ed è vecchio quanto il mondo stesso. Una presa di coscienza di ciò che ha preceduto la venuta del bimbo ma che per egli risulta nuova. Queste scoperte, come la natura, le abitudini, la parola, fanno del bambino un sapiente a tutti gli effetti poiché la sua attenzione è pienamente rivolta al processo d'apprendimento. V'è una seconda figura a vegliare però su questo essere indifeso. La madre. Più in generale intesa come la protezione della casa e del calore familiare che ci accompagna fino all'indipendenza personale. Attraverso lo sguardo nascosto della madre, si ha la foto di un bombo intento a camminare goffamente e ad apprendere le leggi del mondo.
Iniziano però le prime difficoltà. Le gambe deboli non reggono sempre il peso. Egli cade, si spaventa. Non pensava che in un mondo così bello e ricco di colori come lo stava scoprendo, potessero esserci anche cose negative da imparare come il non poter più camminare, come le delusioni, i fallimenti, le tragedie. Solo ora interviene dall'ombra il freddo abbraccio della madre, specchio, come prima menzionavo, della famiglia, degli amici, della casa e di tutto ciò che può confortare un uomo durante il suo percorso vitale.
Essa cinge a se il bimbo impaurito e senza dire nulla, calmandolo, impartisce una lezione: La vita non è sempre facile.
Assimilata questa prima regola fondamentale, il bimbo diventa bambino e poi ragazzo. Una crescita fisica e di pari passo anche caratteriale e spirituale per certi versi. Ogni notte, durante il sonno, il suo corpo cresce e il suo intelletto, di pari passo, assimila le lezioni impartitegli dalla società nelle sue varie forme accrescendo non solo l'età anagrafica, ma anche quella mentale.
Questa crescita, lenta e costante, comporta la riduzione delle misure di ciò che circonda l'essere umano. Ciò che prima gattonando o camminando sembrava enorme e irraggiungibile, si riduce costantemente. Tutti sanno che le cose restano così come sono, ma la riflessione che si evince dal verso, fa riferimento al senso di superiorità alle cose che l'uomo acquista nel corso della sua vita. Crescere significa anche dimenticare quanto grande ci sembrava il melo del giardino e realizzare che lo stesso non è altro che il primo mezzo di sostentamento, il quale può, se necessario, essere estirpato per altri bisogni. Si perde così la valenza e il senso di ogni cosa che sia al di fuori dell'essere umano.
Ad ogni risveglio il ragazzo vede quindi ridursi il mondo che lo circonda fino a quando non diventa completamente consapevole della sua superiorità.
Ciò avviene al momento della maturità intellettuale e “lavorativa”.
Il bambino che goffamente cercava di camminare ma che prestava attenzione maggiormente ai dettagli del mondo, ora è diventato un uomo maturo, pieno di “conoscenza” di ciò che è “necessario” ed utile, ma che tralascia ogni singolo aspetto ancestrale poiché impegnato a correre avanti e indietro per inseguire il suo “scopo”.
Spesso questo si rileva inutile, futile, se chi lo persegue si soffermasse ad analizzare il senso della sua esistenza. Un essere come tanti altri di passaggio su una terra che in realtà non ci appartiene ma della quale siamo parte integrante in sintonia con i suoi cicli. Correndo, l'uomo dimentica ogni cosa, presta attenzione solo a se, al suo scopo e al tempo che scorre senza lasciargli margine di ritardo. Ma è proprio il tempo che fa da padrone, e con il tempo, l'uomo diventa anziano. I suoi capelli un tempo folti e pieni di colore, ora sono bianchi e poggiano per l'ultima volta, su quello che di giorno, (la fase intermedia dell'esistenza) era il posto sul quale riposava dopo una intensa giornata. Moriamo così, da ignoranti che dimenticano il senso della cose e spesso portiamo con noi, nel freddo del rigore mortuario, il caldo ricordo di quando eravamo piccoli e ci piaceva scoprire e imparare.
 
Si defila quindi un doppio percorso caratterizzante la vita degli uomini: la crescita fisica in antitesi alla decrescenza della condizione cognitiva. Un rapporto diametralmente opposto e inversamente proporzionale in istantanee di versi sregolati metricamente finalizzati al risveglio degli uomini sotto il punto di vista mentale. Analizzare la propria condizione potrebbe risparmiare molte fatiche, molte sofferenze, molti sacrifici. Tener presente sempre che siamo piccolissime entità in un universalità sconfinata e infinitamente grande, di passaggio per un tempo più o meno definito. Ciò dovrebbe bastare a far capire che la vita va vissuta senza se e senza ma, con la voglia di dare un contributo al fine di vincere l'oblio del proprio nome post mortem, ma senza privarsi mai delle cose meravigliose che abbiamo. Il tutto sempre rimanendo umili e apprezzando ogni istante ciò che abbiamo.
 
L'Uomo – sez. Caos de “Logheion”
di Danilo Vetusta.
Commento di Danilo Vetusta

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