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Curiosità etimologica: cosa significa 'lapalissiano'

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INAUGURIAMO OGGI UNA NUOVA RUBRICA PER SCOPRIRE QUALCOSA DI PIÙ SULLA LINGUA ITALIANA. TANTE CURIOSITÀ E DUBBI CHE CERTAMENTE VI AVRANNO, IN PIÙ DI UNA OCCASIONE, INCURIOSITO. LA RUBRICA È A CURA DI FRANCESCO SERIO

La storia dell’aggettivo lapalissiano è davvero curiosa e divertente. Oserei dire tragicomica. Esso deriva dal nome del maresciallo Jacques II de Chabannes signore di La Palice e, costui, contrariamente a quanto si possa supporre, non fu autore di nessuna verità banale o frase scontata. Tutt’altro.
Partiamo con ordine: il termine trova la sua origine nel 1525 da una canzone intonata dagli sconfitti dell’assedio di Pavia al fine di commemorare le gesta eroiche del comandante e la sua valentia  militare. Originariamente, quindi, l’intento era di rendere onore al coraggio del comandante, che nella battaglia aveva trovato la morte. Tuttavia il destino fu beffardo.
Di fatto alla morte di La Palice, i suoi uomini composero questo epitaffio: Ci-gît Monsieur de La Palice. Si il n'était pas mort, il ferait encore envie (Qui giace il Signor de La Palice. Se non fosse morto, farebbe ancora invidia).

Purtroppo, con il tempo la effe di ferait fu letta esse poiché nella scrittura del tempo le grafie della s e della f erano similari, differivano solo per il trattino centrale; mentre la spaziatura fra lettere e parole era spesso incerta. Quindi, a causa di questo fraintendimento, ferait divenne serait, e la parola envie fu divisa e divenne en vie. La strofa finale, inesorabilmente, fu mutata in: Si il n'était pas mort, il serait encore en vie (Se non fosse morto, sarebbe ancora in vita). Il risultato fu comico e tragico al contempo e, inevitabilmente, dette origine all’equivoco e alla sfumatura di ovvietà che l’aggettivo ancora oggi conserva: una verità scontata, qualcosa che è talmente palese da risultare ovvia se non addirittura surreale per la sua evidenza.
Il curioso necrologio, nella sua forma alterata, fu scoperto da Bernard de La Monnoye più di un secolo dopo. Costui, parodiandone il carattere comico, compose una canzoncina ove aggiunse, a quella originaria, altre quartine di sua invenzione. La canzoncina ebbe molto successo, ma cadde poi nell’oblio. Fu riscoperta nel secolo XIX da Edmond de Goncourt il quale coniò il termine lapalissade per indicare un’affermazione del tutto banale tanto l’assunto sia ovvio.
In lingua francese il termine è utilizzato come sostantivo, mentre in Italia è adoperato in qualità di aggettivo: lapalissiano. L’ortografia di entrambi comunque proviene dal nome moderno della città di Lapalisse, nella quale è ubicato il castello della famiglia di Jacques de La Palice il quale, suo malgrado, sarà ricordato soltanto per l’aggettivo cui diede vita.

Francesco Serio

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