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La Candelora, nota e poesia di Pasquale Zolla

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Il due di febbraio la chiesa celebra la presentazione di Gesù al tempio (Luca: 2,22/39), popolarmente chiamata festività della Candelora, perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo "luce per illuminare le genti", come il bambino Gesù venne chiamato dal vecchio Simeone al momento della presentazione nel Tempio di Gerusalemme, che era prescritta dalla Legge giudaica per i primogeniti maschi.
La festa è anche detta della Purificazione di Maria, perché, secondo l'usanza ebraica, una donna era considerata impura per un periodo di 40 giorni dopo il parto di un maschio e doveva andare al Tempio per purificarsi.
La denominazione di "Candelora" deriva dalla somiglianza del rito del Lucernare, di cui parla Egeria: "Si accendono tutte le lampade e i ceri, facendo così una luce grandissima" (Itinerarium 24, 4), con le antiche fiaccolate rituali che si facevano durante i Lupercali (antichissima festività romana che si celebrava a metà febbraio).
Papa Gelasio I (tra il 492 e il 496 d.C.) ottenne   l'abolizione dei Lupercali che  furono sostituiti con la festività  della Candelora.
Nel VI secolo la ricorrenza fu anticipata al 2 febbraio da Giustiniano, data che viene festeggiata ai giorni nostri.
La parola Candelora deriva dal latino festum candelarum e va relazionata con l'usanza di benedire i ceri e le candele, prima che siano accese  e portate in processione.
I ceri vengono, poi, conservati nelle abitazioni dei fedeli per essere riutilizzati per accattivarsi le  divinità durante le avversità oppure nell'assistenza di una persona gravemente malata, o nel caso di fatture o nell'attesa del ritorno di qualcuno momentaneamente assente o in segno di devozione alla Chiesa.
Anticamente, i seguaci di antichi riti basati sulla magia, nel giorno della Candelora verificavano se una persona era colpita dal malocchio immergendo tre capelli dell'interessato in una bacinella d'acqua seguiti da tre gocce di olio, precedentemente messo a contatto col dito dell'individuo. Se le gocce restavano intere e collocate nel centro della bacinella, il soggetto non era stato affetto da malocchio.

Pasquale Zolla

‘A Kannelóre: ‘na lustre sóp’ò munne se ‘léve
Strakku’è strutte p’a strate te ne jìve
citta citte è ssóla sóle mbrazze
stritte tenènne nu Bbòmmenille
kè ‘a lustre d’u munn’addevendate
sarrìje. Ggià sapive, Mamma bbèlle,
ka u bbéne tuje  kumbattute sarrìje
state pekkè kuèlla lustre stutà
se vuléve da ummene da farzetà
pegghjate. ‘Na grazzjòne, ò Marìje,
dinda stu jurne a Ttè vògghje fà:
kuèlla lustre kè ò munne purtate
haje nenn’a facènne maje stutà
p’a strate ce putè allummenà
è rrènnece dèggne d’a vite de Ddìje.

La Candelora: una luce sul mondo s’innalza

Stanca e distrutta per la strada andavi
in silenzio e solitaria in braccio
stretto tenendo un piccolo Bimbo
che la luce del mondo diventato
sarebbe. Già sapevi, o Madre bella,
che il tuo bene combattuto sarebbe
stato perché quella luce spegnere
si voleva da uomini da falsità
presi. Una preghiera, o Maria,
a Te in questo giorno voglio fare:
quella luce che al mondo portato
hai non farla mai spegnere
per la strada poterci illuminare
e renderci degni della vita di Dio

Pasquale Zolla

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