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Nota e poesia sulla legge che vorrebbe Berlusconi da Pasquale Zolla

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Finché si nega, non si è colpevoli Articolo unico della Legge sulla Giustizia secondo Silvio e il Pdl Sembra proprio che il processo Ruby, fatto di cronaca, politica e momenti di gossip, non sia finito con la condanna di Berlusconi a sette anni e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Dico sembra, perché le tv, e particolarmente quelle del cavaliere, ne fanno un tran tran giornaliero da sovrastare ciò che dovrebbe veramente interessare l’opinione pubblica: il lavoro per i giovani e le tasse che continuano ad aumentare e rendono sempre più il popolo italiano in miseria.
E non parliamo delle pagliacciate dei parlamentari Pdl con i loro teatrini nelle piazze, seguiti da pochi prezzolati che vivono ai loro fianchi. Sembra giusto tutto ciò? Ma non c’è scritto nelle aule dei tribunali che LA LEGGE È UGUALE PER TUTTI? E se la Legge è uguale per tutti, può un giudice non applicarLa quando si trova davanti a prove schiaccianti di colpevolezza?
Dico prove schiaccianti perché tutto è partito nel momento in cui l’ex moglie di Berlusconi, Veronica Lario, denunciò al mondo intero di “vergini che si offrono al drago!”, che sarebbe, poi, il consorte Silvio. Da lì parte il tutto che, poi, viene amplificato dalle intercettazioni telefoniche che tramite le dichiarazioni delle ragazze, come Melania Tumini, definivano le feste col cavaliere “un puttanaio” dove “gli atteggiamenti zoccolissimi delle ragazze” facevano ribrezzo.
E che dire di Nicole Minetti che dice all’amica Barbara Faggioli: “Ho pensato una cosa: oltre che per le palle bisogna prenderlo per il c…o; domani , se è aperto, vado in un sexy shop e prendo un po’ di cose per me e per te … più siamo troie e più bene ci vorrà!” E la sua lap dance terminava sempre con la completa nudità per farsi palpeggiare e dire che quello che provava per il cavaliere era vero amore che, poi, sfogandosi al telefono diventa: “Quel vecchio col c…o flaccido mi ha rovinato la vita!”  È questo il vero amore?
Naturalmente per lui quelle feste erano un momento gioioso e sereno in cui le ragazze si esibivano in gare di burlesque.
Gare di Burlesque che le intercettazioni telefoniche smentiscono, perché dopo una di queste alcune ragazze dicono: “Hai fatto? Tutto a posto?” “A posto, sì! Non abbiamo nessun aids. La paura è stata tanta!”
“Avevi dubbi?”
“Mah, sai quando uno va a letto con ottanta donne, non si sa mai nella vita!” Per non parlare del residence in Via Olgettina, abitato dalle ragazze del burlesque, alle quali pagava l’affitto e faceva doni, che affermano: “Ah! Che
zoccolame  questa casa, questo condominio diventa sempre più un puttanaio! (Aris e Iris)” Certo, in casa propria ognuno può fare quel che vuole e come lo vuole, come pure spendere i quattrini a proprio piacimento! Ma un capo di governo dovrebbe avere un po’, non dico molto!, di buonsenso, perché altrimenti si superano i limiti anche dal punto legislativo, com’è, appunto, successo nel caso Ruby che, nella notte tra il 27 e 28 maggio 2010, gli fece telefonare in questura a Milano per far liberare una ragazza (Ruby), nipote del premier egiziano  Mubarak, e affidarla a Nicole Minetti.
Di fronte a queste acclarate verità, la risposta del cavaliere è sempre la solita ossessione della giustizia politicizzata di sinistra che lo perseguita da un ventennio, ovvero dalla sua discesa in campo politico.
E, naturalmente, così facendo si comporta come quello che smente sempre ogni suo coinvolgimento e poi scopre che ogni sua bugia è vera.
Non si può, nella vita, cambiare sempre la verità per accordarla al proprio pensiero. A volte è necessario cambiare le proprie ossessioni per accordarle alla verità! Cosa che ancora non comprendono bene i suoi “bravi, alla manzoniana memoria” parlamentari che continuano a blaterare di “magistrati politicizzati” che vogliono la fine di un uomo onesto!
“Comunisti” solo perché seguono e applicano le Leggi, senza inginocchiarsi davanti a “Sapete chi sono io?”
Vogliono, forse, riformare la giustizia in poche parole, quali: FINCHÈ SI NEGA NON SI È COLPEVOLI!
 
Pasquale Zolla


Tutte i nudeke ò’ pèttene vènene
Nd’u Pajése d’i bbuscìje, l’Italje,
‘a veretà ‘na vére malatìj’éje,
avaste penzà è tròppe ussessjune
d’u kavalire pe ce se rènne kunne.
È u zembbèlle de sé stèsse éje
addevendate pekkè kuille ka vóle
ka sìje, allùuére u retenéje.
Tande ka i faveze suje veretà
kum’allùuére i face addevendà.
Kume? Kaggnann‘a veretà p’a ‘kkurdà
ò’ pròbbete penzire. È a ‘kkussì,
nenn’èssènne  despuste a ‘ccettà
kuille ka ne nz’aspètte, ‘a veretà
d’a justizzje nenn’arrjèssce maje
a kunggepì. Se decéve ‘na vóte
ka ssckitte i krjature è i bbabbe
decèvene sèmbb’a veretà, u kkè
me face penzà ka i gruss’è i savje
nenn’a dicene maje. È tanne
dike grazzj’ò pèttene d’a justizzje
ka tutt’i nudek’arrjèssce a ssciògghje.
 
 
Tutti i nodi vengono al pettine
Nel Paese delle bugie, l’Italia,
la verità è una vera malattia,
basta pensare alle troppe ossessioni
del cavaliere per rendersene conto.
E lo zimbello di se stesso è
diventato perché ciò che vuole
che sia, vero lo ritiene.
Tanto che le sue false verità
le fa diventare come vere.
Come? Cambiando la verità per accordarla
al proprio pensiero. E così,
non essendo disposto ad accettare
ciò che non si aspetta, la verità
della giustizia non riesce mai
a concepirla. Si diceva una volta
che solo i bambini e gli sciocchi
dicevano sempre la verità, il che
mi fa pensare che i grandi e i saggi
non la dicono mai. E allora
dico grazie al pettine della giustizia
che tutti i nodi riesce a sciogliere.

Pasquale Zolla

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