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Proteste in piazza, nota e poesia di Pasquale Zolla

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Non sempre le proteste e le contestazioni di piazza smuovono le acque Soprattutto se si basano sulla violenza

Le proteste e le contestazioni non sempre sono il modo migliore di farsi sentire, perché spesso portano a ribellarsi e distruggere strutture di potere corrotte con la violenza e con i manganelli.
È vero che la ricchezza dovrebbe essere distribuita a tutti, ma lo si deve fare nei limiti della buona decenza, senza invogliare e fomentare le folli a sovvertire lo Stato con parole che, il più delle volte, da una parte invitano allo scontro fisico e dall’altra parlano di pace e concordia.
Ci sono ben altri mezzi, come ad esempio il voto o la costituzione di associazioni, per far sentire la propria voce.
Spesso ricordo i racconti di mia madre, a lei detti dal nonno che non ho conosciuto, molto appassionanti, che narravano di altri tempi, di altre atmosfere: storie di guerra, di bambini coraggiosi, di mostri cattivi e di nobili e contadini.
Oggi, a mio modo di vedere, queste storie si ripetono attraverso gli sproloqui dei politici che, prima e dopo essere eletti, alle mirabolanti promesse e novità a cui la gente crede perché, forse, ha bisogno di un bel sogno da fare ad occhi aperti, c’è sempre il rovescio della medaglia che non ha mai un bel fine, come quello delle storie di mia madre.
Oggi, grazie al cielo, finalmente la gente ha aperto gli occhi e questi nostri parolai che si atteggiavano a re non sono più seguiti ed è giunta ad un punto in cui si è accorta di dover cambiare, di dover fare qualcosa di eclatante, di dover muovere le acque, perché la palude in cui ci si è trovata la uccide.
E la sua protesta l’ha manifestata attraverso l’M5S che, però, con il suo non fare, ha fatto diventare la palude un oceano in tempesta che presto spazzerà via il nostro meraviglioso Paese.
I suoi eletti seguono il fondatore del movimento che crede di essere l’unico possessore di sacre verità e che, invece, mi sembra come un vecchio rudere che raduna le folli per fare proclami e promettere ciò che, poi, diventa quello che si è sempre fatto: parole, parole, parole!
E in questi frangenti ecco spuntare personaggi veri, come Annarelle, l’anziana signora che staziona davanti Montecitorio, che con i suoi show verbali in romanesco contro i politici è diventata un’eroina.
Con i suoi “Vaffa … (e) … a questi ce sarebbe da taglià a capoccia a tutti quanti” spopola sul web e in tv.
Si parli di maggioranza o di opposizione per lei non ha importanza: sono tutti una manica di delinquenti che le hanno tolto i soldi della pensione per pagare i conti dei loro pranzi principeschi e dei loro divertimenti.
È un po’ la storia dell’onorevole Angelina, interpretata magistralmente dalla grande Anna Magnani, che con le sue “baccagliate” diventa la paladina della povera gente.
Ma Annarella. 84 anni, non diventerà mai onorevole perché sa che potrebbe, una volta raggiunto lo scopo, essere travolta dalle onde della politica, come sta avvenendo per l’M5S a cui il successo ha dato alla testa.
E pensare che fin dal tempo dell’antica Grecia c’è stato qualcuno che ha scritto: “A colui che gli dei vuole distruggere, viene fatto, per prima cosa, dono della follia!”
Mi auguro solo che qualcuno più capace di me inventi un Referendum popolare per pagare i nostri politici, in caso di stallo come quello attuale, con la stessa moneta data ai cassi integrati: 7/800 euri al mese. Avverrà un simile miracolo?
Papa Francesco, insieme a tutti noi, preghi il Signre anche per questo!
Pasquale Zolla
 
I èruje d’u timbbe nustre
I èruje d’i timbbe ‘ndik’èvene
mizz’a nute, kuille d’i timbbe nustre
u sònne d’u tutte pekkè i vére
èruje sònne kuille k’òggnè jurne
d’ò litte s’avezen’è affrònnene
‘a vite pure si ci’hann’arrubbate
i sunne è u vvenì. Sònne kuille
kè avezene ‘a sarracenèske
de nu kafè ò de ‘na uffecine,
ka vanne ndu ‘ffice ò nda frebbeke,
ke ne nze vattene p’a gròrje ò p’èsse
famuse, ma pe ’a supavvevènze.
Sònne tutt’u kundrarje d’i ummene
puliteke k’apprumèttene d’avezà
nu pònde pure a ndò nge stace
‘na jummarèlle. U svendeljaminde
de tagghje, de reduzzjune, de kaggnaminde
è dde muraletà sònne kuande de cchjù
rredikule ci’apputèssere uffrì
pekkè sènza retèggne sònne. Éje
nu trattà ka i face udjà angòre
de cchjù, pekkè sanne, ma ne nfanne
ninde è ssi u fanne, male u fanne
ò u fanne ssckitte pe llóre. È cce stà
ki, kume Bberzzane, se appermètte
de dì ka ssckitte nu matte prònde
sarrìj’a sse pegghjà ‘a respunzabbeletà
de gùuernà ò mumènde attùuàle.
Ma nessciune u ubbreghéje a u fà;
chiar’éje k’éje ghisse ka s’a vóle
pegghjà, fórze pekkè s’arretenéje
‘a ccezzjòne dind’i matte de kape.

Gli eroi del nostro tempo
Gli eroi dell’antichità erano
seminudi, quelli dei nostri tempi
lo sono del tutto perché i veri
eroi sono quelli che ogni giorno
si alzano dal letto e affrontano
la vita anche se gli hanno rubato
i sogni e il futuro. Sono quelli
che alzano la serranda
di un bar o di un’officina,
che vanno in ufficio o in fabbrica,
che non lottano per la gloria o per essere
famosi, ma per la sopravvivenza.
Sono tutto il contrario degli uomini
politici che promettono di alzare
un ponte anche dove non c’è
un fiume. Lo sbandieramento
di tagli, di riduzioni, di cambiamenti
e di moralità sono quanto di più
ridicolo ci potessero offrire
perché sono senza ritegno. È
un trattare che li fa odiare ancora
di più, perché sanno, ma non fanno
niente e se lo fanno, lo fanno male
o lo fanno solo per loro. E c’è
chi, come Bersani, si permette
di dire che solo un insano di mente pronto
sarebbe a prendersi la responsabilità
di governare in questo momento.
Ma nessuno lo obbliga a farlo;
evidentemente è lui che se la vuole
prendere, forse perché si ritiene
l’eccezione fra gli insani di mente.
Pasquale Zolla

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