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Il 4 novembre: una festività in disuso

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È un giorno importante per la storia d’Italia: si celebra in questa data l’armistizio che nel 1918 pose fine alle ostilità tra l’Italia e l’Austria - Ungheria, concluse sul campo con la vittoriosa offensiva di Vittorio Veneto.
Una vittoria frutto della dedizione, del sacrificio e dell’unità del popolo italiano. Una vittoria che costò la vita a 689.000 italiani mentre 1.050.000 furono i mutilati e i feriti: cifre che devono far riflettere, numeri da ricordare.
La festa celebra, oggi, l'esercito e ha le sue radici in tempi lontani, da molti forse dimenticati: il 4 novembre 1918, con la firma dell'armistizio a Villa Giusti, in cui veniva sancita la sconfitta delle truppe austriache a seguito dell'affermazione italiana sul Piave e nella battaglia campale di Vittorio Veneto.
L'Italia era così pronta a sedersi al tavolo dei vincitori.
Il giorno della memoria, ufficializzato nell'ottobre 1922 dall'ultimo governo liberale, doveva contribuire tanto a celebrare la vittoria dell'Italia quanto a ricordare il sacrificio di chi perse la vita durante il sanguinoso conflitto. 
A partire dal '49 essa divenne anche “Festa delle Forze armate”, ritenute quali vere depositarie dei valori della concordia e dell'unità. Oggi l’Anniversario non viene più celebrato come festa nazionale, le scuole non sono più chiuse e la gente va regolarmente a lavorare. Per chi vive, ancora oggi, nei valori della Patria, in fondo al proprio animo sente un’indicibile tristezza perché abbiamo perso quei simboli e valori comuni che erano il fondamento della vita civile e politica degli Italiani.
 
IV Nùuèmbre: nu jurne kum’a n’avete
U kuatte Nùuèmbre, Anneverzarje
d’a Vettòrje, i skóle chjus’èvene
è a fatekà n’nze jéve p’aunurà
i kadute ka k’u saggrefice lóre
l’Italje d’ò pite nemik’èvene
lebberate. Nd’i chjazze d’i pajìse,
avvecin’è munumènde k’i nnume
d’i kadute, u éke de ‘na tròmme,
ka u sulènzje sunave, vèrz’u cile
s’agavezave. Nd’u mupe sulènzje
jév’u penzire vèrze kuill’èróje
ka sòtt’a nuta tèrr’arrepusavene
p’addummannà lóre de grazzjune fà
a Ddìje pekkè ‘llustrasse i vive
nd’a fratellanze è ‘a pace kambà.
Mò k’a fèste cchjù n’nze celebbréje
nd’u kóre ‘na granne trestèzze stace
pekkè pèrze avime kuilli simmele
è vvalure kumune ka nenn’èvene
aunut’a trademènd’è sseparazzjune,
ma nd’a unjun’è nd’u ‘jute rrecipreke,
kum’a ‘na mane ka l’avete lave.

IV Novembre: un giorno come un altro
Il quattro Novembre, Anniversario
della Vittoria, le scuole erano chiuse
e non si andava a lavorare per onorare
i caduti che con il loro sacrificio
l’Italia dal piede nemico avevano
liberato. Nelle piazze dei paesi,
vicino ai monumenti con i nomi
dei caduti, l’eco di una tromba,
che suonava il silenzio, verso il cielo
si alzava. Nel muto silenzio
il pensiero volava verso quegli eroi
che sotto la nuda terra riposavano
per chiedere loro di pregare
Iddio perché illuminasse i vivi
a vivere in fratellanza e pace.
Oggi che la festa più non si celebra
nel cuore c’è un’indicibile tristezza
perché abbiamo perduto quei simboli
e valori comuni che non erano
legati a tradimenti e separazioni,
ma nell’unione e nel reciproco aiuto,
come una mano lava l’altra.
 
Pasquale Zolla

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