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Maggio: feste, miti, leggende

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In maggio, si celebravano riti che evidenziavano la rigenerazione, non solo materiale ma anche spirituale, della comunità nel rinnovamento cosmico simboleggiato dalla primavera.
Mircea Eliade scrive: “Il cosmo è simboleggiato da un albero……. immortalità, la giovinezza eterna sono concentrate  nelle erbe e negli alberi. […..] in breve, tutto quello che è, tutto quello che è vivente e creatore, in uno stato di continua rigenerazione, si formula per simboli vegetali [….]. La primavera è una resurrezione della vita universale e, di conseguenza, della vita umana [….] tutto comincia di nuovo, in breve, si ripete l’atto primordiale della creazione cosmica perché ogni rigenerazione è una nuova nascita, un ritorno a quel tempo mitico in cui apparve, per la prima volta, la forma che si rigenera”.
In particolare, il 1° maggio segnava l’inizio del trionfo della luce sulle tenebre; nella notte della veglia, come ogni periodo di passaggio, si entrava in comunicazione con il mondo infero e con i morti. “Simili ai semi sepolti nella matrice tellurica” scrive Eliade “i morti aspettano di tornare alla vita sotto nuova forma. Per questo si accostano ai vivi [….] Le anime dei morti hanno sete di esuberanza biologica, di ogni eccesso organico, perché questo traboccare di vita compensa la povertà della loro sostanza e li proietta in una  impetuosa corrente di virtualità e di germi [….] Se i morti hanno ricercano le modalità spermatiche e germinative, è altrettanto vero che anche i vivi hanno bisogno dei morti per difendere i seminati e proteggere i raccolti [….] Ippocrate ci dice che gli spiriti dei defunti fanno crescere e germinare i semi”.
Con la cristianizzazione dell’Europa, la notte del 30 aprile subì una trasformazione. Si diceva che vi si dessero convegno spiriti inferi, streghe e stregoni, che si dovevano espellere grazie all’intervento intercessorio di Santa Valpurga, una monaca inglese (710-778), che ha ereditato le funzioni della Grande Madre ed ha dato il nome alla notte.
Il 1° maggio, cacciate le streghe, ossia ricacciati i morti negli inferi, si portava, e dove la tradizione è sopravvissuta lo si fa ancora, un albero dal bosco e lo si collocava in mezzo al paese. Quell’albero non era che il simbolo dell’Albero cosmico, le cui fronde si trovano di là del visibile, nel non manifestato, analogo alla scala di Giacobbe, asse del mondo grazie al quale si può giungere alla comunione divina.  Ma di questo simbolismo pochi erano, e sono, coscienti.
La Chiesa cercò, nel corso dei secoli,   se non di cristianizzare, per lo meno di rendere accettabili queste cerimonie. Nacque così l’usanza  di sostituire l’albero con La Croce  di maggio, usanza ancora viva in alcuni paesi fra cui l’Andalusia, dove si pianta al centro di ogni patio, la cosiddetta Cruz de Mayo, intorno alla quale, ogni giorno, si ricevono amici e conoscenti cantando e bevendo.
A tal proposito, dice Cattabiani: “ Chi è d’altronde il Cristo se non l’Albero della vita, colui che conduce al Padre, al non manifestato? E, all’inverso, come albero rovesciato, con le radici in cielo e la chioma sulla terra, Colui che manifesta il divino e nutre il cosmo? “
Un tempo si eleggevano anche i rappresentanti del Maggio, il re e la regina oppure una reginetta che regnavano durante  per tutto il mese e, talvolta, come in Irlanda una fanciulla veniva incoronata regina del distretto, per dodici mesi. Regine e reginette sono, probabilmente, l’eco della Grande Madre che regnava sulla vegetazione e sugli animali.
In Italia dell’antico Calendimaggio sopravvive qualche frammento come il Cantarmaggio, a Firenzuola, ove la sera del 30 aprile i giovani se ne vanno per le strade del paese a cantare l’arrivo della bella stagione e, nello stesso tempo, la gloria della Madonna.
A Calendimaggio si celebra anche la festa del lavoro, ma di questo, ed altri argomenti, parleremo in successivi interventi.

Nando Carrescia

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