Elezione dei sindaci: aggirata la legge
E’ proprio vero che gli italiani sono ingovernabili. Neppure la legge per la elezione diretta dei sindaci è riuscita a fermare la emorragia delle crisi delle amministrazioni locali, come si riteneva quasi scontato.
Solo per riferirci alla provincia di Foggia e ai centri più importanti, in questo momento tre Comuni sono commissariati: Cerignola, San Severo e Lucera, mentre San Giovanni Rotondo da poco è uscito dalla gestione prefettizia.
La nuova legge, in realtà, non ha funzionato, perché non ha eliminato alla radice le ragioni della ingovernabilità, che dipendeva e dipende dai partiti e soprattutto dagli smottamenti di posizioni politiche che si verificano nell’arco di un mandato: gruppi o singole persone che vanno nella parte opposta, tradendo di fatto il responso elettorale e, quindi, il rapporto fiduciario con i candidati.
In pratica, i partiti hanno aggirato la legge. Cosa succedeva prima?
Le formazioni politiche della coalizione di maggioranza indicavano il nome del candidato sindaco dopo le elezioni, sottoponendolo al voto del Consiglio Comunale. Quasi sempre, dopo estenuanti trattative all’insegna del “tocca a me“, il nome proposto veniva confermato dal voto. Nel corso del mandato, quando la coalizione di maggioranza andava in crisi, si sfaldava, tutti prendevano la strada dello scioglimento anticipato del Consiglio Comunale, se non interveniva un nuovo e diverso accordo politico, magari con un altro sindaco al comando.
Per evitare crisi provocate proprio da quei candidati che si sentivano esclusi, venne approvata la legge delle elezione diretta del sindaco: cioè gli elettori conoscevano prima il candidato apposto in cima alle liste e votavano direttamente per lui senza la successiva mediazione dei partiti.
Cosa è cambiato? Praticamente nulla. I partiti anziché dilaniarsi dopo, lo fanno prima. E in Consiglio Comunale? Lo stesso. Perché, come prima, basta presentare una mozione di sfiducia a maggioranza dei consiglieri per mandare a casa anzitempo il sindaco e tutti quelli che lo hanno sostenuto in campagna elettorale.
E così siamo al punto di partenza. Il vero problema è quello di moralizzare la vita dei partiti o di quel poco che di loro resta ancora. Occorre un codice etico, che dovrebbe essere di garanzia per l’elettore, il quale vota per un certo partito (o persona), che magari dopo qualche tempo passa armi e bagagli al nemico. Così si alimenta un vero meretricio, che non fa onore alla città e ai partiti stessi, ma soprattutto anestetizza la vita operativa dell’ente.
Antonio Di Muro